Il tribalismo è un fenomeno che costituisce una precondizione per l'esistenza stessa del concetto di tribù, che è per l'appunto un gruppo di "simili" isolati che si pongono in contrapposizione ai "diversi". Questo fenomeno sopravvive ancora in diverse forme anche nelle società più "avanzate".
Il mondo del jiu-jitsu non sfugge al fenomeno del tribalismo e le nuove tecnologie non fanno che esasperarne gli aspetti più negativi. La rete e Facebook sedimentano idee precostituite e alimentano il tribalismo tra utenti che la pensano allo stesso modo e l'odio nei confronti di coloro che non appartengono al gruppo.
Se ci si vede come una tribù gli altri saranno nemici, mentre gli appartenenti al gruppo come "fratelli". Chi è irretito da questo modo di intendere la propria accademia si fa complice di un modo di vivere il jiu-jitsu malato legato ad arcaiche pratiche tribalistiche rivisitate e corrette in salsa postmoderna.
Se ci si vede come una tribù gli altri saranno nemici, mentre gli appartenenti al gruppo come "fratelli". Chi è irretito da questo modo di intendere la propria accademia si fa complice di un modo di vivere il jiu-jitsu malato legato ad arcaiche pratiche tribalistiche rivisitate e corrette in salsa postmoderna.
Il tribalismo, se per alcuni fornisce un senso di appartenenza, una sorta di famiglia allargata, per altri diventa un culto dove le azioni dei membri sono guidate solo dalla fedeltà alla tribù.
Se può essere comprensibile voler essere parte di un gruppo con il quale condividere una stessa passione, non è ammissibile sacrificare ad esso il proprio raziocinio.
Non fatevi irretire dal tribalismo, la vostra accademia di jiu-jitsu è un luogo dove praticare una sana disciplina marziale non è una setta, gli avversari son avversari non sono nemici, le competizioni sono competizioni non sono guerre.
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