David Dunning e Justin Kruger sono due ricercatori americani della Cornell University. Un bel giorno Dunning arrivò a porsi la seguente domanda: “Potrebbe essere che un incompetente non sia consapevole della propria incompetenza?”
Fu allora che propose al suo miglior discepolo, il giovane Justin Kruger, di realizzare una ricerca formale in merito a tale questione. Riunirono quindi un gruppo di volontari per compiere un esperimento.
I risultati dell’esperimento confermarono quanto già Dunning e Kruger sospettavano. I soggetti che si erano definiti “molto competenti” in ogni area, nelle prove avevano poi ottenuto le valutazioni peggiori. Al contrario, coloro che inizialmente si erano sottovalutati erano risultati i migliori.
Dopo aver compiuto l’esperimento, i ricercatori giunsero alle quattro conclusioni che definiscono l’effetto Dunning-Kruger:
➤ Le persone si mostrano incapaci di riconoscere la propria incompetenza.
➤ Tendono a non poter riconoscere la competenza delle altre persone.
➤ Non sono in grado di prender coscienza di quanto risultano incompetenti in un determinato ambito.
➤ Se vengono formate affinché aumentino la propria competenza, risulteranno capaci di riconoscere e accettare quanto fossero incompetenti in precedenza.
Quello che però in questo esperimento non si indaga sono quelle persone che risultano incapaci di riconoscere le loro competenze e non perché, come diceva Socrate "sanno di non sapere" ma perché "non sanno di sapere".
Non è un gioco di parole, è che ci sono persone che non riescono ad avere una reale coscienza del proprio livello di competenze raggiunto e questo fenomeno è più comune di quanto si creda.
Non è un gioco di parole, è che ci sono persone che non riescono ad avere una reale coscienza del proprio livello di competenze raggiunto e questo fenomeno è più comune di quanto si creda.
Per parafrasare la didascalia che accompagna il grafico della foto che apre il post, potremo parlare di una distorsione cognitiva a causa della quale certi individui tendono a sottovalutarsi, giudicando a torto, le proprie abilità come inferiori alla media.
Quello che queste persone non riescono a comprendere è che i loro miglioramenti, ad esempio nello sport, vanno di pari passo con i miglioramenti delle altre persone (che siano esse compagni di squadra o avversari poco importa), quindi paragonandosi agli altri e non a se stessi, non riescono ad avere una chiara percezione dei loro miglioramenti. E' per questo che spesso gli allievi sono scontenti delle loro performance anche contro l'evidenza dei fatti e le rassicurazioni dei loro allenatori.
Gli allievi che tendono a questa distorsione cognitiva dovrebbe considerare il loro livello di competenze raggiunto in una prospettiva temporale dell'ordine degli anni non dei mesi o dei giorni. Dovrebbero considerare che la "curva" del loro cammino di apprendimento avrà dei momenti di arresto (plateau) anche dei brevi periodi di peggioramento che però si inseriscono in una curva in costante ascesa.
Ad ogni salto qualitativo fa seguito una fase di regressione seguita da un fase di consolidamento alla quale poi subentra un nuovo salto qualitativo. Chi non considera il processo di apprendimento e di miglioramento individuale in prospettiva, ma si concentra solo sul qui e ora, si esalterà nei momenti di salto qualitativo, si deprimerà nei momenti di regressione e si annoierà nei momenti di consolidamento, ovvero in quei momenti in cui si crede di non migliorare. Tutte queste fasi però sono necessarie al proprio miglioramento.
Ad ogni salto qualitativo fa seguito una fase di regressione seguita da un fase di consolidamento alla quale poi subentra un nuovo salto qualitativo. Chi non considera il processo di apprendimento e di miglioramento individuale in prospettiva, ma si concentra solo sul qui e ora, si esalterà nei momenti di salto qualitativo, si deprimerà nei momenti di regressione e si annoierà nei momenti di consolidamento, ovvero in quei momenti in cui si crede di non migliorare. Tutte queste fasi però sono necessarie al proprio miglioramento.
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