Sapete chi è questo signore nella foto? No, non sto parlando di Muhammad Alì ma di quell'altro con gli occhiali. Si chiama Angelo Dundee, al secolo Angelo Mirena Jr, quarant’anni al fianco di quindici campioni mondiali, uno su tutti, Muhammad Ali.
Angelo Dundee, il calabrese d’America, ha allenato pugili che sono entrati nella leggenda. Dundee per i suoi allievi era un padre, un fratello, un consigliere, uno stratega, un allenatore, un maestro. Sapeva di pugilato, era in grado di prevedere le mosse dell’avversario, di dare il consiglio giusto al momento giusto, di suggerire una tattica precisa, sapeva fare l'allenatore anche se non era mai salito su un ring a prendere pugni in faccia.
Recentemente ho letto un post di Domenico Aversano nel quale si può leggere:"purtroppo c'è l'idea comune che i risultati ottenuti su se stessi siano direttamente proporzionali alle conoscenze tecniche di una persona e quindi alla capacità di riprodurle su di altri".
Prosegue Aversano: "In tutti gli sport spesso i migliori atleti non sono i migliori coach e i migliori coach non sono stati tra i migliori atleti. Nelle classifiche dei migliori 10 atleti di sempre della NFL (football americano) e dei migliori 10 allenatori di sempre, nessun nome è in comune tra le due classifiche."
Atleti bravi perché dotati o perché forti, spesso sono allenatori molto scarsi. Non si sono trovati in situazioni in cui non erano capaci a fare bene qualcosa, e non sanno spiegare qualcosa che non hanno fatto fatica ad imparare.
"Il buon pugile - scrice Lenny Bottai - infatti, anche il campione, si deve sempre ricordare che non è detto sia poi un grande allenatore, che sappia quindi trasmettere ciò che ha imparato, anzi, delle volte non ne è affatto capace, perché magari "sa fare" ma non tanto per cognizione quanto per natura, per dote innata. Quindi trasmettere ciò che non si conosce, o anche che si sa fare per istinto ma non per cognizione, può diventare veramente una "mission impossible"."
"Il buon pugile - scrice Lenny Bottai - infatti, anche il campione, si deve sempre ricordare che non è detto sia poi un grande allenatore, che sappia quindi trasmettere ciò che ha imparato, anzi, delle volte non ne è affatto capace, perché magari "sa fare" ma non tanto per cognizione quanto per natura, per dote innata. Quindi trasmettere ciò che non si conosce, o anche che si sa fare per istinto ma non per cognizione, può diventare veramente una "mission impossible"."
Chi non è stato un atleta dotato ha imparato a ottenere le cose nel modo più difficile, e ha guadagnato l'esperienza necessaria per insegnare ad altri le stesse cose. Se queste persone non hanno un super ego, e hanno la modestia per imparare da altri allenatori e professionisti, potranno considerarsi dei bravi maestri.
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