lunedì 24 dicembre 2018

Dilettantismo e professionismo


Socrate non ha mai detto: " nessun cittadino ha il diritto di essere un dilettante in materia di allenamento fisico"

Socrate non ha lasciato nessuno scritto, quindi tutto ciò che sappiamo su di lui ci è stato tramandato dai suoi allievi: Senofonte e Platone. Se questi autori rappresentarono le idee di Socrate in modo accurato o semplicemente usarono Socrate come portavoce delle loro idee, questo non possiamo saperlo. Quando leggiamo una citazione attribuita a Socrate dobbiamo sapere che potrebbe non essere stata mai detta da lui. Questa citazione ad esempio:

"Nessun cittadino ha il diritto di essere un dilettante in materia di allenamento fisico. Che disgrazia è per un uomo invecchiare senza mai vedere la bellezza e la forza di cui è capace il suo corpo".

Si compone di due frasi.  La prima: "nessun cittadino ha il diritto di essere un dilettante in materia di allenamento fisico"
è un aggiunta moderna che attribuisce a Socrate l'idea che in fatto di attività fisica non basti essere dei dilettanti, la seconda invece:"che disgrazia è per un uomo invecchiare senza mai vedere la bellezza e la forza di cui è capace il suo corpo" è una sintesi della frase che chiude il dialogo tra Socrate ed Epigene tratto dai memorabilia di Senofonte.
 
Il Socrate di Senofonte non è un paladino del professionismo sportivo,  si limita a consigliare al giovane  Epigene di fare dell' attività fisica non di diventare un atleta di olimpia.

Secondo il testo di Senofonte, Socrate si imbatté in un giovane di sua conoscenza Epigene, che era fuori forma. Socrate gli dice che avrebbe dovuto fare un po' di esercizio. Epigene gli rispose, "Ma io non sono un atleta." A questo punto, il Socrate di Senofonte magifica i benefici di una sana attività fisica. Questo argomento si lega all'ideale Greco che gli appartenenti all'élite, avendo del tempo libero a disposizione avrebbe dovuto usarlo per  affinare le loro menti  e migliorare i loro corpi in modo da essere utili alla loro comunità in tempo di pace e di guerra.
 

A proposito del professionismo nell'antica Grecia Euripide scriveva: "Innumerevoli sono i mali dell'Ellade, ma non ve n'è nessuno peggiore della genia degli atleti […] In giovinezza essi incedono pavoneggiandosi pomposamente, sono idoli della città, ma quando piomba loro addosso l'amara vecchiaia sono messi da parte come uomini logori". 

Ancora più severo di lui fu il medico e filosofo Galeno che ci da questo ritratto dell'atleta ormai schiavo del professionismo: "Accumulano in massa muscoli e sangue, ma la loro anima è spenta, come sommersa sotto un cumulo di melma […] è vero che gli atleti traggono qualche giovamento dalla loro attività, ma capita che gli allenatori prendano sotto la propria guida molti atleti dal fisico in tutto armonioso, li facciano ingrassare rimpinzandoli di carne e di sangue e, così facendo, ottengano il risultato contrario, ne facciano cioè diventare alcuni brutti e deformi, soprattutto nel volto, specialmente quando praticano il pancrazio o il pugilato".
 
Nell'antica Grecia era chiara la distinzione tra professionismo e dilettantismo così come la consapevolezza che lo sport quando è portato agli eccessi nel professionismo si trasforma da attività salutare per il corpo e lo spirito in malattia, come il caso Simone Biles ci dimostra.


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