Danaher ha minimizzato tutta la vicenda che ha coinvolto il suo allievo e il leader della Atos dicendo che si è trattato solo di una lite di poco conto. La faccenda è tut'altro che un episodio di poco conto è uno spartiacque fondamentale nel mondo del jiu jitsu.
Oggi il jiu jitsu nella sua versione senza gi o grappling sta catalizzando a se l'attenzione del mondo degli appassionati di jiu jitsu. Le varie promotion sono il terreno di scontro che vede i migliori campioni mettersi in gioco per ritagliarsi un ruolo di primo piano e con esso delle buone borse.
Era l'inevitabile destino del jiu jitsu, privo di una vera federazione e attratto come da un potente magnete dal mondo delle MMA, trasformarsi in uno sport "nudo" e questa sua nudità la vediamo anche nel modo in cui è gestito. E svestito di molte cose che dovrebbero invece ricoprire uno sport. Le promotion si sono svestite dei controlli antidoping, anzi è un capo che non hanno mai indossato e le nudità che ci appare riempe gli schermi. Muscoli ipertrofici accompagnati dall'inevitabile aggressività che l'assunzione di simili sostanze provoca, il tutto alimentato dai social a fare da innesco e nessuno a riportare tutti alla ragione.
La necessità di creare rivalità tra atleti per invogliare le promotion ad investire in determinati incontri sta degenerando. La strada che avevano intrapreso le MMA nell'era McGregor, e che oggi ha visto un cambio di rotta, sta attraversando il mondo della lotta di sottomissione ai suoi albori.
La storia sembra non insegnare nulla. Staremo a vedere cosa ci riserverà il futuro, le premesse non promettono nulla di buono, basta vedere la politica di flograppling che non pubblica neanche mezzo fotogramma degli incontri che riprende ma le riprese delle risse ce le propina da tutte le angolazioni.
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