Braulio Estima in uno dei suoi video didattici, della serie invisible jiu-jitsu, per spiegare il gioco delle prese si serve dell'immagine di Trazan che usa le liane. Così come Tarzan mentre con una mano si tiene saldamente ad una liana con l'altra va ad afferrare la successiva, così il lottatore mantiene sempre una presa con una mano mentre con l'altra va a cercarne una nuova.
Questo concetto è stato studiato per la prima volta dal Anton Gesink che ha dato alle due braccia, rispettivamente, il nome di: "braccio di gioco" e "braccio di lavoro".
"Si dice di lavoro il braccio che non cambia posizione indipendentemente dalla propria funzione (spingere, o tirare ruotare o sollevare). Si dice di gioco il braccio che non è legato o collegato ad uno o allo stesso luogo, è il braccio che "oscilla", che "va". Ma dal momento che torna al suo posto (lo stesso posto fermo di prima), diventa braccio di aiuto o braccio di lavoro".
"Si dice di lavoro il braccio che non cambia posizione indipendentemente dalla propria funzione (spingere, o tirare ruotare o sollevare). Si dice di gioco il braccio che non è legato o collegato ad uno o allo stesso luogo, è il braccio che "oscilla", che "va". Ma dal momento che torna al suo posto (lo stesso posto fermo di prima), diventa braccio di aiuto o braccio di lavoro".
Questa distinzione potrebbe sembrare, all'apparenza, pura speculazione teorica ma ora vedremo che non solo non è oziosa, ma che ha interessanti applicazioni pratiche.
Chiariamo il concetto con un esempio partendo dalla posizione kesa-gatame. Gesink scrive: "Quando un judoka più leggero sovrasta il partner più pesante, il suo corpo non dovrà mai formare un tutt'uno con il più leggero al fine di tenerlo fermo con facilità. Cosa deve fare lo judoka sovrastante più leggero per applicare una presa con successo? Non formare contatto con uke. Tenere un braccio di gioco "in riserva" affinché in caso rischi di essere lanciato di fianco, possa stendere un braccio di appoggio. Evitando inoltre il contatto con il partner sottostante si prepara una base più larga per effettuare la sua presa, un'area di forza "corpo-braccio di aiuto" oppure "corpo gamba di aiuto".
Chiariamo il concetto con un esempio partendo dalla posizione kesa-gatame. Gesink scrive: "Quando un judoka più leggero sovrasta il partner più pesante, il suo corpo non dovrà mai formare un tutt'uno con il più leggero al fine di tenerlo fermo con facilità. Cosa deve fare lo judoka sovrastante più leggero per applicare una presa con successo? Non formare contatto con uke. Tenere un braccio di gioco "in riserva" affinché in caso rischi di essere lanciato di fianco, possa stendere un braccio di appoggio. Evitando inoltre il contatto con il partner sottostante si prepara una base più larga per effettuare la sua presa, un'area di forza "corpo-braccio di aiuto" oppure "corpo gamba di aiuto".
Come si vede nella prima foto, il judoka più leggero, se viene a formare un tutt'uno con con quello più pesante, usando entrambe le braccia come "braccia di lavoro", ne diventa vittima.
Nella seconda foto lo judoka più pesante, usando tutte e due le braccia come "braccia di lavoro", viene a formare un tutt'uno con il partener più leggero e lo domina con facilità.
Nella terza foto si vede come lo judoka più leggero, se vuole dominare il partner più pesante, deve usare un "braccio di gioco" e uno di "lavoro", non fare contatto con tutto il corpo e usare il braccio di aiuto libero ,"sganciato" dal partner, a formare un'area di forza "braccio di appoggio-corpo".
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