giovedì 5 marzo 2015

Mi piego ma non mi spezzo


La locuzione latina "frangar, non flectar", tradotta letteralmente, significa "mi spezzerò, ma non mi piegherò". Sta ad indicare lo stato d'animo di chi non si piega alle prepotenze della vita e piuttosto paga lo scotto di spezzarsi.


A chi invece si presenta in una palestra di Jiu-Jitsu (parola che tradotta dalla lingua giapponese significa "arte della cedevolezza") si insegna che la frase deve essere modificata in "flectar ne frangar", "mi piegherò per non essere spezzato".

Ogni praticante si dibatte in questo amletico dubbio, una perenna lotta tra il rischio di spezzarsi e la difficoltà di imparare a piegarsi, cosa che spesso viene fraintesa con la parola cedere, ovvero arrendersi.

Ci hanno insegnato che di fronte al nemico non si cede, non si indietreggia, i problemi vanno affrontati di petto perché è la cosa più facile, la cosa più difficile è apprendere, non solo razionalmente, ma anche a livello corporale ed emozionale, che irrigidirsi di fronte alle asperità della vita non è sempre la cosa migliore.

Un allievo alle prime armi, difronte all'esperienza della lotta, tenderà ad irrigidirsi, a opporre una strenua resistenza sopperendo alla tecnica con la forza  che di fronte ad un praticante esperto si trasforma ben presto in forza della disperazione. E' un passaggio obbligato ma sta all'allievo attraversare indenne questa prima fase e accettare l'idea che di fronte ad un avversario la rigidità non è la migliore arma da usare.

Con le ore di allenamento il praticante ben presto si rende conto che il motto che ora sta seguendo è il secondo, il suo percorso non è privo di ostacoli si tratta di smussare i propri spigoli, le asperità del proprio modo di esprimersi col corpo, di ridurre le situazioni di attrito, in una parola cercare di percorrere il percorso inverso dei matematici che hanno cercato la quadratura del cerchio, si tratterà di cercare la cerchiatura del quadrato.

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