Sia che si trovi sopra o sotto il proprio avversario, il combattente più abile ed in possesso della migliore tecnica, riporterà quasi sempre la vittoria, ma dal punto di vista dell'atteggiamento e del controllo del corpo, le due situazioni sono nettamente diverse.
Una persona distesa al suolo, sul dorso, con le membra distese, non ha che una limitata scelta di movimenti; essa può girarsi su un fianco, mettersi a sedere o fare una capriola all'indietro. Ma appena gli arti sono piegati come nella fig. 15, diviene possibile eseguire una grande varietà di movimenti.
In questa posizione, il corpo assomiglia ad una calotta sferica posata su un piano. Per tener solidamente immobile al suolo una calotta, occorre produrre una pressione normale al suolo passante per il punto di contatto della calotta stessa col suolo. Una pressione applicata ad un qualsiasi altro punto della parte piana della calotta, sposta quest’'ultima in modo tale che il punto di contatto col suolo viene portato sulla verticale che passa dal punto di applicazione della forza. Se non vi fosse attrito, la calotta schizzerebbe via come una banana a cui si preme una estremità. Un altro sistema per immobilizzare la calotta sferica che abbiamo immaginato sarebbe quello di disporre uniformemente il proprio peso sulla superficie piana poggiando allo stesso tempo i quattro arti al suolo e formando una specie di gabbia quadrata che impedisce qualsiasi movimento.
Il professore Kano era solito paragonare l'avversario al tappeto ad un blocco di legno galleggiante sull'acqua. Per immobilizzare un simile blocco sott'acqua occorre appunto produrre una pressione normale sul suo centro o distribuire uniformemente il proprio peso, lasciando i quattro arti immersi nell'acqua. Qualsiasi altra pressione solleverebbe un angolo od un lato del blocco di legno fuori dell'acqua e ve lo farebbe ricadere addosso.
Questi due paragoni sono utili per rendersi conto di ciò che accade durante una presa di immobilizzazione e di ciò che si deve fare per liberarsene. Bisogna considerare l'avversario al suolo come se egli fosse un blocco di legno galleggiante sull'acqua o una calotta sferica appoggiante senza attrito su un piano . Quando si è immobilizzati bisogna fare in modo da ridurre l'attrito contro il suolo per permette al corpo di spostarsi nella stessa direzione della calotta sferica o imitare i movimenti di un blocco di legno tenuto sott'acqua. L'idea fondamentale è in definitiva quella di spostarsi parallelamente al suolo, per evitare l'azione delle forze verticali, invece di contrastarle.
Un altro principio fondamentale è quello di spostare il proprio corpo piuttosto che quello dell'avversario, soprattutto se in ambedue i casi si vuole ottenere lo stesso risultato. In qualsiasi situazione c'è quasi sempre modo di girare, rotolare, voltarsi, divincolarsi muovendo il proprio corpo per arrivare allo stesso risultato che si sarebbe raggiunto spostando il corpo dell'avversario. Questa seconda possibilità richiederebbe un maggior consumo di energia e, ciò che è più importante, sarebbe necessariamente un procedimento più lento.
Quando non sapete quale azione fare, spostatevi nella direzione verso la quale l'avversario non può impedirvi di agire. Si può sempre ricorrere a questo sistema finché l'avversario non abbia stabilito una delle prese classiche di immobilizzazione.
Occorre far diventare automatico il movimento necessario per premere l'avversario al suolo con le anche; i quattro arti si devono utilizzare esclusivamente per permettere il movimento più rapido possibile delle anche. Appena queste premeranno sull'avversario, voi avrete su di lui un controllo assoluto. La zona più efficace per appoggiarsi sull'avversario è la regione delle anche al di sotto della cinta. Per riuscire a situarsi correttamente sull'avversario bisogna agire sulle regioni angolose del suo corpo, di preferenza sui ginocchi e sui gomiti; in questo modo la vostra azione sarà la più efficace. Il segreto di una presa di immobilizzazione di Judo è il controllo della parte inferiore dell'addome. Questa parte deve essere rilasciata e spinta in avanti senza alcuna cosciente contrazione muscolare.
Quando il ventre di colui che immobilizza è contratto e piatto, il bacino risulta un tutto unico con il tronco e qualsiasi movimento del tronco stesso, prodotto dall'avversario, trascina il resto del corpo. Allora è relativamente facile far perdere l'equilibrio a tutto il corpo. Ma si può annullare l'azione sul tronco se il bacino e le gambe possono muoversi indipendentemente. Infatti lo sforzo dell'avversario sul tronco viene assorbito dalla regione più solida del corpo. Per di più l'avversario non può definitivamente perdere l'equilibrio se agisce solo sul tronco. Riassumendo: gonfiate la parte inferiore del ventre sotto la cintura e spingete bene in avanti senza contrarre la muscolatura addominale, poiché non avreste poi il tempo di rilasciarla.
Non è facile descrivere con chiarezza la posizione del basso ventre. Tuttavia diciamo che, nella posizione corretta, la parte del ventre al di sotto dell'ombelico è tonda e gonfia come un pallone e che il resto del corpo soprattutto la parte del ventre al di sopra dell'ombelico sono libere da qualsiasi contrazione volontaria. si ottiene allora quello che si chiama « contatto" perfetto con l'avversario, ciò che vuol dire che l'avversario non può cambiare di posizione senza dover prima spostare la maggior part del nostro peso.
I principianti tendono a servirsi soprattutto delle braccia,lasciando libere le anche; essi perdono il « contatto» con l'avversario e allo stesso tempo ogni controllo su di lui. Poiché bisogna ben comprendere che in Judo una presa di immobilizzazione non vuol dire alla lettera immobilizzare l'avversario, ma controllarlo. Non esiste posizione che possa dare un vantaggio permanente e completo. Fino a quando non si riesce a indovinare e a prevenire il movimento che l'avversario sta per fare, questi è virtualmente libero.
M. Fledenkrais
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