Un video virale, con 12.000 condivisioni e 5000 like, sta spopolando sulle bacheche di molti jitseri. Nel video si vedono due bambini, che avranno si e nò 4 anni, lottare in una competizione di BJJ come fossero due agonisti consumati.
Si proiettano, si montano, cercano di prendersi la schiena. A vederli fanno tenerezza ma non ci scordiamo che non si stanno allenando in palestra, in un ambiente familiare e protetto, ma su un tatami circondati da gente che li incita: in prima fila i genitori, fratelli ad urlargli di fare questo e quello.
Il titolo del video è "l'incontro dell'anno" ed è accompagnato solo da commenti positivi. Lasciatemi fare il bastian contrario, uscire dal coro, e far notare che I bambini dovrebbero iniziare a praticare il jiu jitsu per il suo aspetto ludico.
Se a quell'età sono in grado di lottare come i due bimbi visti in foto, vuol dire che in palestra degli istruttori li hanno costretti (uso la parola costretti perchè etimologicamente deriva da "legare" ed è l'unico modo per riuscire a tenere fermi dei bimbi di quell'età) e instillato in loro la carica agonistica anzitempo. Mettere dei bimbi in competizione troppo presto, dare dei premi ai più meritevoli spingendoli a surclassare gli altri, potrà produrre bimbi come quelli del video ma per ogni mini campione avremo tanti bimbi frustrati e depressi già in tenera età. E' questo il prezzo da pagare per assistere a incontri agonistici tra bimbi così piccoli?
Il titolo del video è "l'incontro dell'anno" ed è accompagnato solo da commenti positivi. Lasciatemi fare il bastian contrario, uscire dal coro, e far notare che I bambini dovrebbero iniziare a praticare il jiu jitsu per il suo aspetto ludico.
Se a quell'età sono in grado di lottare come i due bimbi visti in foto, vuol dire che in palestra degli istruttori li hanno costretti (uso la parola costretti perchè etimologicamente deriva da "legare" ed è l'unico modo per riuscire a tenere fermi dei bimbi di quell'età) e instillato in loro la carica agonistica anzitempo. Mettere dei bimbi in competizione troppo presto, dare dei premi ai più meritevoli spingendoli a surclassare gli altri, potrà produrre bimbi come quelli del video ma per ogni mini campione avremo tanti bimbi frustrati e depressi già in tenera età. E' questo il prezzo da pagare per assistere a incontri agonistici tra bimbi così piccoli?
“L’attività motoria infantile è giusta, l’esasperazione e l’agonismo mai [...] L’avviamento sportivo deve sempre essere disinteressato e giocoso: se poi il talento per le gare esiste, si capirà più avanti. Il rischio è il plagio da parte degli adulti, a loro volta condizionati dal mercato. L’America, in questo senso, è il peggiore dei modelli”. Così dice Enrico Casella l’allenatore di Vanessa Ferrari, la più brava ginnasta italiana.
"Chi gioca un ruolo decisivo nello sviluppo del dismorfismo sono la preparazione atletica e l’allenamento. Se si fanno fare carichi di lavoro eccessivi o sbagliati, in base all’età dell’atleta, ci saranno peggioramenti dello sviluppo muscolo-scheletrico. Pensate alle ginnaste dell’Est Europa che a 14 anni vincono le olimpiadi: già a 18/20 anni hanno grossi problemi fisici". Queste le parole di Nicola Barsotti osteopata.
"La Federazione italiana medici pediatri è contraria allo sport in miniatura. E avverte che la pratica agonistica sotto i dieci anni si può svolgere solo nella ginnastica e nel pattinaggio (dai 6 anni), oppure nel nuoto, nella scherma e nel rugby (dagli 8). Anche se è il demone calcio ad attirare i genitori-ultrà: sognano denaro e fama per i figli, nonostante le statistiche federali dimostrino che solo lo 0,2 per cento dei 700 mila giocatori dagli 8 ai 16 anni tesserati in Italia arriva in serie A. Si rincorre qualcosa che non esiste, pagando anche mille euro all’anno, sulla pelle di chi è piccolo e non può difendersi. E il prezzo può essere alto (non si parla solo di denaro) anche per i pochissimi che arrivano in fondo." Questo scriveva Maurizio Crosetti su Repubblica qualche anno fa.
"Chi gioca un ruolo decisivo nello sviluppo del dismorfismo sono la preparazione atletica e l’allenamento. Se si fanno fare carichi di lavoro eccessivi o sbagliati, in base all’età dell’atleta, ci saranno peggioramenti dello sviluppo muscolo-scheletrico. Pensate alle ginnaste dell’Est Europa che a 14 anni vincono le olimpiadi: già a 18/20 anni hanno grossi problemi fisici". Queste le parole di Nicola Barsotti osteopata.
"La Federazione italiana medici pediatri è contraria allo sport in miniatura. E avverte che la pratica agonistica sotto i dieci anni si può svolgere solo nella ginnastica e nel pattinaggio (dai 6 anni), oppure nel nuoto, nella scherma e nel rugby (dagli 8). Anche se è il demone calcio ad attirare i genitori-ultrà: sognano denaro e fama per i figli, nonostante le statistiche federali dimostrino che solo lo 0,2 per cento dei 700 mila giocatori dagli 8 ai 16 anni tesserati in Italia arriva in serie A. Si rincorre qualcosa che non esiste, pagando anche mille euro all’anno, sulla pelle di chi è piccolo e non può difendersi. E il prezzo può essere alto (non si parla solo di denaro) anche per i pochissimi che arrivano in fondo." Questo scriveva Maurizio Crosetti su Repubblica qualche anno fa.
“Ho sempre odiato il tennis”, rivelò André Agassi: il padre gli appese una pallina sopra la culla. Quest'affermazione dovrebbe far riflettere sulla troppa pressione e sulle aspettative dei
genitori dei giovani atleti, avviati precocemente all'agonismo. A tal proposito la psicologa Francese Sophie Chevallon nel 2007 scriveva: "I bambini iniziano a praticare lo sport per il suo aspetto ludico. Successivamente un bambino si può trovare nella condizione di affrontare gare e allora lo sport perde la sua valenza di svago e divertimento per assumere un ruolo prettamente agonistico. In questi casi molta pressione deriva anche dalle aspettative dei genitori del giovane atleta, che finiscono per dare troppa importanza al risultato. Il genitore vede concretizzarsi nel figlio il proprio desiderio di successo e di realizzazione personale, anche solo per aver messo al mondo un bambino particolarmente dotato e di talento. D’altra parte l’approccio dei genitori allo sport può essere molto diverso: ci sono alcuni che spingono il figlio perché lo sport fa bene ed è un passatempo sano ed educativo; altri hanno praticato uno sport da giovani con buoni risultati e lo propongono anche al bambino; altri non se ne occupano e lasciano fare all’allenatore; altri ancora non si interessano alla pratica sportiva dei figli" (, 2007).
Negli Usa esistono centinaia di società sportive per i bambini sotto i due anni e chi ne sa qualcosa è Lyle Micheli, fondatore della prima clinica pediatrica di medicina sportiva all’ospedale di Boston, che dice:“Tutto questo è demenziale, quale sarà il prossimo passo? Lo sport sotto i tre anni è una fabbrica di infortuni e tensioni assurde". I bambini devono iniziare a praticare lo sport per il suo aspetto ludico. L'attività motoria infantile è giusta, l’esasperazione e l’agonismo mai. È fondamentale che per un bambino lo sport mantenga il suo aspetto di divertimento e di gioco.
Il Jiu-Jitsu per i più piccoli deve essere un momento di svago, un'attività ludica da svolgere col sorriso e che, se praticata in maniera corretta, sarà loro utile sotto molti punti di vista. A loro dovrà essere evitato qualsiasi stress e frustrazione in nome di medaglie e coppe da mettere su scaffali ad impolverare.
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