Cent'anni fa l'Italia entrava in guerra contro l'Austria. Dopo due anni di massacri in trincea il regio esercito istituì una specialità di fanteria composta da reparti d'assalto che introdussero, nel loro addestramento al corpo a corpo, tecniche di jiu jitsu. Sto parlando degli Arditi, le fiamme nere.
Nella Scuola Reparti d’Assalto, a Sdricca di San Giovanni di Manzano l'addestramento era condotto con serietà e spregiudicatezza: tra le attività fisiche molta ginnastica, corsa e lotta corpo a corpo con armi (sopratutto la scherma di pugnale) e senza.
Manzano ebbe al suo interno, tra le altre specialità una scuola di lotta giapponese. La preparazione per il combattimento individuale comprendeva la difesa personale a mani nude, derivata dal ju-jitsu. Per la formazione degli arditi al corpo a corpo furono invitati militari della Marina già destinati in Estremo Oriente negli anni dell’inizio secolo, qualificati esperti di jujutsu o judo; tra questi il capitano Giovanni Racchi che aveva popolarizzato certe forme di ju-jitsu che meglio si adattavano al tipo di guerra degli Arditi. L'elevato addestramento, lo spirito di corpo e lo sprezzo del pericolo fecero degli Arditi il corpo più temuto dagli eserciti avversari.
Ecco cosa scriveva la stampa americana nel 1918 a proposito degli Arditi:
Manzano ebbe al suo interno, tra le altre specialità una scuola di lotta giapponese. La preparazione per il combattimento individuale comprendeva la difesa personale a mani nude, derivata dal ju-jitsu. Per la formazione degli arditi al corpo a corpo furono invitati militari della Marina già destinati in Estremo Oriente negli anni dell’inizio secolo, qualificati esperti di jujutsu o judo; tra questi il capitano Giovanni Racchi che aveva popolarizzato certe forme di ju-jitsu che meglio si adattavano al tipo di guerra degli Arditi. L'elevato addestramento, lo spirito di corpo e lo sprezzo del pericolo fecero degli Arditi il corpo più temuto dagli eserciti avversari.
Harukichi Shimoi discendente di una famiglia di samurai si arruolò nel 1917 negli arditi e insegnò ai commilitoni tecniche di combattimento corpo a corpo |
Ecco cosa scriveva la stampa americana nel 1918 a proposito degli Arditi:
GLI "ARDITI", I TEMERARI ITALIANI
[articolo dal quotidiano statunitense "HERALD JOURNAL" del 17 settembre 1918]
" L'Italia [...] ha un corpo che è stato originato solo per le imprese più temerarie, per le operazioni di dieci-a-uno-morte sicura; un gruppo di uomini che proprio a causa delle loro speciali missioni piuttosto romantiche, è soggetto solo ai loro comandanti di battaglione e ai loro ufficiali. Questo corpo è chiamato gli "Arditi".
L'Ardito, durante la sua formazione, riceve uno degli addestramenti più severi che siano mai stati conosciuti. In realtà, egli è l'unico soldato che si allena in condizioni di battaglia reali, come, per esempio, l'assalto a una trincea nemica, ma con un vero e proprio fuoco di sbarramento a solo un centinaio di metri di distanza da loro, e con esplosioni di vere granate, ecc. Anche se non frequentemente, è accaduto che degli Arditi siano rimasti feriti nel corso dell'istruzione ordinaria.
Molti degli ufficiali italiani concordano sul fatto che, con tutto il dovuto onore e rispetto al resto dell'esercito italiano e a tutti gli eserciti alleati, non c'è un corpo di uomini che può essere confrontato con gli Arditi per quanto riguarda primati di brillante talento e audacia".
Il XXIII° Reparto d’assalto fiamme cremisi (arditi bersaglieri), addestrò il contingente staunitense presente in Italia nel 1918. Fu dai manuali di addestramento degli arditi che i marines, tra i due conflitti mondiali, trassero i loro metodi di addestramento.
Con il termine della guerra si decise lo scioglimento dei reparti d'assalto. Le motivazioni furono riassunte dal generale Francesco Saverio Grazioli, uno dei padri degli arditi:
« Cessata la guerra, cessata l'occasione di menar le mani, di dar prova della loro audacia, di far bottino, di farsi belli delle loro imprese, la loro natura scapigliata ed esuberante o si perderà , ed allora diventeranno ordinaria fanteria che non giustificherebbe le forme esterne e l'appellativo ufficiale loro proprio, ovvero persisterà, ed allora sarà estremamente difficile a chicchessia di contenerla, di evitare deplorevoli infrazioni disciplinari e forse reati, che offuscherebbero la loro stessa gloriosa fama andatasi formando con la guerra. »
("Promemoria sulla sorte possibile delle truppe d'assalto", 18 novembre 1918.)
Capitano Ettore Viola |
Le Fiamme Nere devono gran parte della loro fama alle gesta dei loro arditi, oggi sconosciuti ai più, come il mio prozio, il Capitano Ettore Viola.
Ettore Viola nasce a Villafranca di Lunigiana, in alta Toscana. Chiamato alle armi con la sua classe nel novembre 1914 viene trattenuto in servizio allo scoppio della guerra. Nell’ottobre 1915 fu decorato di due medaglie d’argento al valore e promosso tenente per meriti di guerra.
Promosso capitano, passò a comandare la 3^ Compagnia d’Assalto “Fiamme Nere” del VI Reparto d ’Assalto e, per l’azione sul Grappa, a Cà Tasson, il 18 maggio 1918 fu insignito della Croce di Cavaliere dell ’Ordine Militare di Savoia la più alta onorificenza militare del tempo.
Nel suo libro di memorie “Vita di guerra” così descrive l’azione sul Grappa: “...il 14 settembre fu dato l’ordine di partire per il Grappa per attaccare e occupare quota 1443… nella notte del 15 settembre dopo la distribuzione di bombe e caricatori ci avviammo verso le trincee ... l’ordine diceva:
“ All’alba del 16 settembre ... il VI Reparto d’Assalto attaccherà quota 1443 … alle tre e trenta viene sferrato l’attacco... Per due giorni e due notti fu così ingaggiata intorno a quota 1443 una lotta titanica di arditi contro arditi, durante la quale rifulse il valore di entrambe i contendenti. ”
Nel suo libro di memorie “Vita di guerra” così descrive l’azione sul Grappa: “...il 14 settembre fu dato l’ordine di partire per il Grappa per attaccare e occupare quota 1443… nella notte del 15 settembre dopo la distribuzione di bombe e caricatori ci avviammo verso le trincee ... l’ordine diceva:
“ All’alba del 16 settembre ... il VI Reparto d’Assalto attaccherà quota 1443 … alle tre e trenta viene sferrato l’attacco... Per due giorni e due notti fu così ingaggiata intorno a quota 1443 una lotta titanica di arditi contro arditi, durante la quale rifulse il valore di entrambe i contendenti. ”
Ripresosi dalle ferite, e di nuovo al comando dei suoi uomini, nel condurre un'altra azione di guerra si merita la medaglia d'oro. Nell Motivo del conferimento per la medaglia d'oro del 16-17 settembre 1918 si poteva leggere: "Rimasto solo, circondato dagli avversari e fatto prigioniero, dopo tre ore si liberò, con fulmineo e violento corpo a corpo, della scorta che lo accompagnava e rientrato nelle nostre linee con mirabile entusiasmo riprese immediatamente il comando di truppe, riconquistando le posizioni perdute, respingendo con fulgida tenacia nuovi e forti contrattacchi del nemico incalzandolo per lungo tratto di terreno e infliggendogli gravissime perdite".
Per queste azioni sul Grappa fu soprannominato l'Ardito del Grappa. Re Umberto II di Savoia lo definì: «La più bella Medaglia d'oro della Grande Guerra».
Hemingway |
- Quante volte sei stato ferito, Ettore?
- Tre ferite gravi. Porto tre nastrini. Li vedi? - Girò la manica. I nastrini d'argento erano cuciti a righe parallele, sul fondo nero, venti centimetri sotto la spalla... Credimi ragazzo mio, quando se ne ha tre vuol dire che si è fatto sul serio ...
Nel romanzo Ettore Moretti è il contrario di Henry, il protagonista. Ettore crede sinceramente nel perseguimento di gloria ed onori, va molto fiero delle sue medaglie, per le quali dice di aver lavorato duramente, mentre Henry non si preoccupa affatto della gloria personale. Nonostante questa diversità di carattere Henry, in una certa misura, ammira Ettore, lo chiama "un vero eroe".
0 comments:
Posta un commento