Il cinema americano straborda di perdenti che in
due ore diventano dei vincenti e che riescono a regalare al pubblico
l'illusione del riscatto personale contro le circostanze sfavorevoli.
Il fratello è un ex MMA fighter di scarso valore, ma valido professore di fisica in una scuola pubblica, buon marito e padre di famiglia che deve rimettersi i guantini, nonostante l'iniziale ostilità della moglie, perché le banche gli vogliono levare la casa.
Poi abbiamo un padre che tutta la vita si è comportato male con la moglie e i figli, manesco e alcolizzato, che poi ha smesso di bere ed è sulla via della redenzione.
Gli ingredienti di un dramma familiare ci sono tutti, ma ora viene il bello: il più grande torneo di MMA mai organizzato (che non poteva non chiamarsi Sparta), con un montepremi esagerato perché a Hollywood piace fare le cose in grande.
E' inutile chiedersi come mai due perdenti riescano a iscriversi in un torneo che riunisce i migliori atleti di MMA del mondo, per poi riuscire ad arrivare entrambi in finale.
Nella vita reale “l’underdog” è la norma, l'essere “warrior” l'eccezione e il passaggio da una categoria all'altra, quando ciò accade, non avviene in tre ore. Se potesse la statistica si ribellerebbe di fronte al finale del film: è matematicamente impossibile che due underdog riescano a finire in finale ed essere pure fratelli!
Fantasia degli sceneggiatori pari a zero, recitazione degli attori pervenuta solo a momenti, retorica a stelle e strisce a badilate, tutto già visto e rivisto. Ho letto che qualcuno ha paragonato il film a Million dollar baby... lasciamo stare!
C'è chi dice che le scene di lotta sono fatte bene, (non sono tra quelli) ma comunque sempre un po’ poco per un film di tre ore. La telecamera, per non ricalcare la scarsità dei due attori protagonisti, sembra essere imbracciata da uno "tarantolato" tanto sono le riprese mosse o le inquadrature ravvicinate. Si vede qualche finalizzazione e molti body slam, dai quali il professore si rialza sempre più fresco sfidando le leggi della "fisica".
Per far commuovere lo spettatore, il regista e gli sceneggiatori non hanno badato a spese è hanno cercato tutte le situazioni strappa lacrime possibili, ma nonostante la loro buona volontà , non ci si riesce a commuovere, le situazioni non catturano, le psicologie dei personaggi non sono approfondite, insomma tutto è artefatto e manca di naturalezza.
Il professore di fisica, il non professionista delle MMA dopo aver preso botte per due round, si ridesta solo quando il suo coach gli rammenta che se non vince perde la casa, ed è solo allora che si scatena e batte il campione russo di Sambo con una knee bar! Questo è troppo!!!
L'ex marines, invece, entra in gabbia... due cazzotti e mette al tappeto i suoi avversari come in preda da una furia cieca. E dopo aver vinto in quattro e quattrotto abbandona l'ottagono come se avesse una commissione urgente da sbrigare. Per lui, il coro dei marines lo accoglie ma solo a partire dal terzo match.
Ed eccoci al gran finale: lo speaker annuncia che la finale mondiale dei pesi medi vedrà affrontarsi i due fratelli, venuti su dal nulla ma che sono riusciti con la forza di volontà o la rabbia a vincere dei professionisti.
Questa è la morale di tutti i film americani sulle arti marziali alla karate kid. Lo sfigato che non ha nessuna possibilità di vincere che compie il miracolo. Questa morale è doppiamente perniciosa, perché fa passare l'idea che basti la volontà , il crederci, l'avere uno scopo per superare ogni ostacolo anche quello insormontabile e che l'allenamento quotidiano, anonimo, costante, a volte ripetitivo non sia necessario, anzi sia un fastidioso inconveniente.
Poiché nella vita "l'underdog" è la norma, è l'essere" warrior", l’eccezione, a questo film preferisco di gran lunga "colpi da maestro" una commediola senza pretese che mostra un professore quarantenne sovrappeso andare avanti e lottare nonostante le sconfitte, piuttosto che dei big jim plastificati scalare i gradini della gloria tra fanfare e fuochi d'artificio.
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