Nel teatro Nō la maschera si
presenta come uno spazio vuoto che permette alle diverse espressioni di
emergere e passare: paura, gioia, indignazione, soddisfazione,
disperazione e altri stati d'animo.
L'immedesimazione
nel ruolo del personaggio implica la spersonalizzazione dell'attore.
Questo consente all'attore di svuotarsi della propria personalità e
produce la condizione necessaria all'operazione di riempirsi della
personalità del personaggio.
Allo stesso modo il jiujitsero dovrebbe salire sul tatami come su un palcoscenico spoglio di tutti i mascheramenti e vestito solo del suo GI. Solo così si può esprimere se stessi col corpo per trascendere la propria individualità e immergersi in uno stato d'animo che va oltre il proprio ego e tutte le sue manifestazioni e ricercare uno stato di consapevolezza superiore. Il primo passo è liberarsi di tutti gli orpelli esteriori che sono d'intralcio a questa ricerca.
All'interno di un’accademia dove s’incontrano realtà sociali, politiche e religiose le più disparate Il protagonista assoluto dovrebbe essere solo il jiu jitsu, tutto il resto andrebbe lasciato fuori dalla porta assieme all'ego.
Fonte: Estetica del vuoto di Giangiorgio Pasqualotto
La realtà del recipiente è nel vuoto che contiene.
RispondiEliminahttp://www.youtube.com/watch?v=f9U6_Dul-y0
Ciao! Bel post, condivido, e penso che lo faccia chiunque, il fatto che all'interno del dojo, o della palestra in generale, non vengano portate questioni personali siano esse politiche, religiose o quant'altro.
RispondiEliminaVorrei chiederti, il Pasqualotto che citi a fine testo è lo stesso autore di libri di filosofia interculturale? Se non sbaglio dovrebbe essere professore a Padova... Una semplice curiosità, complimenti per il blog aspetto i prossimi aggiornamenti!
Si è lo stesso autore, però devo contraddirti non tutti lasciano fuori questioni esterne al nostro sport. Grazie del commento!
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