venerdì 14 ottobre 2022

Conoscere e praticare il Jiu-Jitsu

 

Questo post raccoglie pensieri e scritti di Simone Franceschini profondo conoscitore del jiu jitsu sia a livello pratico che teorico.

Uno degli errori più comuni in cui si può incappare nella pratica è ritenere il proprio corpo fisico esclusivamente adibito all’azione. È da questo pensiero che deriva la collaborazione fra lo sport di lotta e la preparazione atletica. Certo, più il nostro corpo sarà solido e forte e più incisiva sarà la nostra azione sul tatami ma prestiamo attenzione perché il corpo non è solo questo. Il corpo è prima di tutto uno strumento di ricezione, il nostro strumento di ricezione.

Noi non ci accorgiamo di questo perché, nel ricevere, esso è totalmente neutrale. Per fare un esempio semplice basta pensare alla vista: l’occhio non partecipa attivamente al processo di percezione, funge esclusivamente da strumento, ed infatti, ogni volta che questa neutralità è compromessa abbiamo a che fare con una patologia. In poche parole se il corpo fisico smette di essere neutrale lo fa perché è guasto. Possiamo accorgerci però indirettamente dell’operato del nostro corpo fisico attraverso le nostre sensazioni. Nella lotta quella principale è il tatto. A questo punto il nostro allenamento assume tutto un altro significato, non dovremo più lavorare esclusivamente sulla funzionalità verso l’azione ma anche e soprattutto sulla qualità della ricezione.

Utilizzare il nostro corpo fisico come base per lo sviluppo di un affinamento sensorio è l’obiettivo di ogni buon praticante. La costruzione del proprio strumento di lavoro. E più il nostro mondo delle sensazioni sarà affinato attraverso il corpo fisico più avremo possibilità di trasformare in realtà i nostri pensieri, ovvero trovare il momento giusto per applicare la tecnica studiata.

Cosa ce ne facciamo di un’arte che non è in grado di incrementare le facoltà del praticante? Nel migliore dei casi buttiamo il nostro tempo, nel peggiore rischiamo di regredire come esseri Umani.

Studiare le tecniche è il metodo più lento e frustrante per imparare il Jiu Jitsu. Per le cinture bianche un vero inferno. C’è però un metodo alternativo e assolutamente praticabile da chiunque: riconoscere ed allenare le facoltà che usiamo quando lottiamo. Quelle e solo quelle devono essere studiate ed esercitate con costanza in quanto vera causa primaria di TUTTE le tecniche, vero motore centrale di ogni pratica lottatoria. Possiamo chiamare lotta solo il movimento generato dal perfetto equilibrio fra l’espressione etica e quella estetica. Altrimenti è solo zuffa.

Siamo lottatori, siamo abituati a fare affidamento quasi esclusivamente sulle nostre capacità fisico atletiche, o al massimo sull’aspetto mentale, quando affrontiamo i diversi stati d’animo che ci si palesano durante le competizioni. Crediamo che non ci sia altro da esplorare e così lasciamo dipendere l’esito della nostra performance o dal nostro talento, se il buon Dio è stato generoso con noi, o, maggior parte delle volte, dalla nostra volontà, dalla nostra capacità al sacrificio. Ci sfugge sempre quella facoltà che permette a tutto il resto di poter essere allenato e studiato: il pensiero.

Il pensiero ci permette di collegare le tecniche e di esplorare e mettere appunto ogni dettaglio, eppure passa indisturbato senza mai essere preso in considerazione, mai riconosciuto. Il nostro miglioramento più veloce avverrà solo quando avremo messo al centro della nostra pratica un sano ed onesto sviluppo del nostro pensare.

Sono sempre più convinto che il Jiu Jitsu possa essere compreso e fatto da tutti, nessuno escluso, ma a tutti devono essere dati gli strumenti adeguati per interpretarlo, comprenderlo e praticarlo. Un jiu jitsu efficace richiede prima di tutto un sano allenamento di pensiero. Se vogliamo migliorare dobbiamo allenare il nostro pensare sia a muoversi con precisione chirurgica fra le tecniche, sia a penetrare nella medesima tecnica per arrivare al concetto che ne sta alla base. Abbiamo due modi per imparare a fare Jiu Jitsu: apprendendo sequenze tecniche memorizzandole nel tempo o tentare di arrivare all’idea che le genera tutte. 

Il problema principalmente nelle cinture bianche è che si trovano di fronte una vastità enorme di tecniche e iniziano a pensare: quando mai imparerò tutte queste tecniche e gli prende lo sconforto, invece andiamo a vedere che non è così, che l'esperienza e il miglioramento del jiu jitsu non dipende dal numero di tecniche che conosciamo ma nell'aver capito cosa sta accadendo mentre stai lottando.

Cercare di capire fondamentalmente che cos'è una tecnica, cosa sono le tecniche, da dove derivino le tecniche ma soprattutto quali sono le diverse facoltà che si smuovono nell'essere umano quando lottiamo è in realtà il motore centrale dei nostri allenamenti. Tutta questa sfera qui rimane completamente oscurata ma non l'affrontiamo quasi mai e rimaniamo sempre perennemente sulla superficie. Non dobbiamo semplicemente essere efficaci dobbiamo anche capire perché siamo efficaci e capire come siamo arrivati ad essere così efficaci.

Facciamo guardia, facciamo passaggio di guardia ma che cos'è? Cioè noi che cosa stiamo facendo effettivamente quanto stiamo facendo guardia? Ad esempio mi piace fare spider guard allora inizio a fare questa combinazione, inizio piano piano fare un collegamento sempre più capillare di pensieri e tattiche però non abbiamo affrontato la parte iniziale cioè abbiamo capito che cosa dobbiamo fare quando stiamo facendo guardia? In realtà la risposta è facilissima lo facciamo ma non sappiamo che quello è l'obbiettivo che è farlo cadere e finalizzarlo. Quindi in realtà quando facciamo guardia iniziamo a costruire un insieme di strutture di pensiero che servono a portare a termine quello che c'ho in testa. Quindi io mi immagino una determinata tecnica, l'immagine di una strategia che voglio che si realizzi. Non dobbiamo imparare un'infinità di tecniche ma che ogni tecnica si dimostri più funzionale di un concetto che avevamo in testa.

L'avversario c'ha il suo corpo fisico, c'ha dei pensieri e delle emozioni.  C'è qualcosa in più però perché lo stesso bagaglio che lui si porta lo porto anche io, anche io c'ho il mio corpo fisico anche io c'ho i miei pensieri e le mie emozioni. Ogni difficoltà che incontrerò nel tentativo di vincere il mio avversario dipenderà dagli attriti inerenti la mia sfera personale e dall'interazione con la sfera personale del'avversario.

Più i miei pensieri sono efficaci, chirurgici, precisi nel collegarsi l'uno con l'altro, più riesco a dominare le mie mie emozioni e più la mia capacità fisica sarà ben allenata più la probabilità di portare a termine una combinazione tecnica avrà la possibilità di realizzarsi perché riesco a superare i vari attriti portati dall'avversario e non aggiungo a questi i miei attriti.

Se non ho la capacità di sentire il corpo dell'avversario posso pure conoscere tutte le tecniche del mondo i dettagli e i collegamenti ma resteranno astratti. Se non ho la capacità di sentire l'avversario non saranno efficaci le mie tecniche viceversa se non sono lucido e incastro le tecniche così come vengono non funziona lo stesso e diventa una zuffa. La lotta diventa lotta quando queste tre componenti stanno in perfetto equilibrio tra loro. Questo è quello che dovete ricercare quando lottate non è solo la riproduzione di una tecnica.

L'obiettivo della gara sarebbe proprio quello di lavorare sulle emozioni e per fare questo i tuoi pensieri devono essere estremamente lucidi e che il tuo corpo sia una ricetrasmittente molto efficace e quelle sensazioni che ti sta dando sei in grado di collegarle ad un pensiero. La competizione serve a vedere non tanto quanto sono forte ma per stabilire a che livello sono arrivato di armonia tra corpo, pensiero ed emozione.

Prima si parte col sentire l'avversario e devo sentire una situazione di controllo, equilibrio, di comodità quando non la sentite dovete migliorare lo strumento fisico. Più il corpo è efficace, più sono abituato a sentire l'avversario più avrò la possibilità di rendere reali tutte le tecniche e i pensieri che ho in testa. La conoscenza non dipende dalle informazioni che immagazzinate ma nella vostra bravura nel saperle interpretare queste informazioni.

Non è che l'insegnate vi spiega le tecniche che vi trasmette l'informazione, l'informazione stanno già nel jiu jitsu. La formula per calcolare l'area del triangolo cambia in base al professore di geometria che me la spiega? Quel concetto sta già la, le informazioni stanno tutte nella lotta quello che può fare l'insegnante è aiutarvi in base alle vostre peculiarità a trovare il modo migliore per portarvi a scoprirle.

Se non c'è equilibrio quando lottiamo tra quello che stiamo pensando, quello che stiamo percependo dal nostro avversario è quello che stiamo facendo e settorealizziamo una di queste tre cose il cammino diventa estremamente lungo e allora iniziamo a pensare: miglioro la parte fisica e inizio a fare più forza... eh no devo fare più drills perché così automatizzato la tecnica... eh, no, devo studiare mille didattici su internet per capire le diverse strategie.

Quindi per esempio quella persona che studia su youtube su internet o si guarda 1000 dvd tecnici di jiu jitsu quello che vuole fare è cercare nuove strategie da applicare prima con il pensiero. Chi fa tanti drills è perché pensa che prevalentemente il jiu jitsu sia semplicemente la percezione e automatizza in qualche modo il pensiero della lotta e quindi diventa carente nel pensare. Chi invece fa molti pesi, molta forza, molto cardio lavora molto sulla parte fisica allora sta lavorando esclusivamente sull'agire. Il punto è che questo accade quando non è ben chiaro il fatto che devono lavorare tutte e tre insieme e correlate non è possibile che una superi l'altra e se una va a superare l'altra non miglioriamo.

Per questo il jiu jitsu è molto complicato, per questo pochissime persone poi diventano veramente padroni di tutti i momenti della dell'arte lottatoria perché richiede volontà e tantissima umiltà perché quando lottiamo in palestra quello che dobbiamo fare è accettare di perdere, non perché  questo ci tempra dobbiamo accettare la sconfitta quando stiamo lottando in accademia perché inizialmente quando si è concentrati a capire dove si è carenti in queste tre sfere la nostra attenzione passa dal vincere al migliorare e quando l'attenzione passa dal vincere al migliorare inizialmente si perde sempre. Bisogna ricercare il miglioramento cercare l'equilibrio e inizialmente quando questo accade le nostre difese sono completamente abbassate e noi perdiamo.

La tecnica non esiste nel senso che è un vincolo mentale che ci stiamo dando quando lottiamo a cui ci aggrappiamo perché abbiamo paura di aprirci alle difficoltà, quindi quando dico: "io faccio quella tecnica" è come se fosse una cosa esterna a me come se esistesse al di fuori di me, in realtà la tecnica la stai facendo tu non è un oggetto è un tuo movimento, ma il tuo movimento da cosa deriva deriva, da tutte quelle cose di cui abbiamo parlato fino adesso.

Quindi prima di arrivare al movimento, che viene definito tecnica, bisogna bisogna avere tutto il resto. Bisogna avere innanzitutto  la base giusta di partenza e per avere la base giusta di partenza è molto importante che un insegnante di jiu jitsu si prenda le responsabilità nei confronti primi degli dei propri allievi.

Quando ci troviamo sul tatami le sfere del pensare, il percepire e l'agire sono tutte e tre unite insieme in un lasso di tempo molto breve e abbiamo subito un ostacolo di fronte a noi che è il nostro avversario che ci mette di fronte alle nostre responsabilità e ci fa capire immediatamente in che cosa siamo carenti.

Il tatami è insieme campo di lavoro e di apprendimento. Una pratica non illuminata dalla conoscenza non darà mai buoni frutti, viceversa una conoscenza che non diventa mai pratica non esiste e quindi non ci interessa. Affinché questi frutti siano sani è richiesto un onesto lavoro di collaborazione fra teoria e pratica. Questo è l’obiettivo dell’allenamento, non ce ne sono altri: conoscere per praticare correttamente, praticare correttamente per conoscere meglio.

L'Apuania Jiu-Jitsu Academy è a Massa (MS) alla Yama Arashi con corsi di Brazilian Jiu-Jitsu per adulti e per bambini dai 10 ai 13 anni e  alla Pugilistica Massese con corsi per  bambini dai 4 ai 9 anni Vi aspettiamo per iniziare una disciplina marziale adatta a tutti e per tutte le età

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