Con questo post, dati alla mano voglio mostrare come in tre ambiti, quello militare, civile e delle forze dell'ordine il rischo di essere aggrediti, feriti o addirittura uccisi da una persona armata con un coltello, oggetti appuntiti o taglienti sia molto raro e come, tra chi pratica arti marziali, il tempo dedicato allo studio di improbabli tecniche di difesa e disarmo del coltello dovrebbe essere impiegato più proficuamente e in altro modo.
ESERCITO
Arma antiqua manus diceva Lucrezio, poi i primi guerrieri iniziarono a usare semplici armi come prolungamento del braccio. Con l'introduzione della polvere da sparo l'incidenza di ferite causate da armi da taglio o botta è diminuita, e già dalle guerre napoleoniche solo il 4% era prodotto dalle baionette nemiche. Durante la guerra civile americana, meno dell'1%.
Dalla Seconda guerra mondiale in poi, la baionetta divenne
sempre più un accessorio secondario, dato il progressivo diffondersi delle armi
automatiche che hanno reso i combattimenti "corpo a corpo" sempre
meno diffusi. Se le morti da arma automatica rappresentano solo il 5% dei caduti durante la seconda guerra mondiale, la percentuale
di quelle causate da arma da taglio è irrilevante.
Possiamo dire che queste percentuali così esigue facciano
pensare a quanto poco un moderno soldato possa rischiare di essere ferito da
un'arma da taglio o ricevere lesioni in uno scontro corpo a corpo. Prima della
seconda guerra mondiale un soldato polacco impiegava solo l’1% del suo tempo
nell'allenamento dell'uso della baionetta. Se è diventato raro il confronto corpo a corpo in uno scenario bellico,
qualcuno potrebbe però pensare che l'uso di armi bianche siano maggiormente usate
contro le forze di polizia.
FORZE DI POLIZIA
Da dati tratti da statistiche delle forze dell'ordine
statunitensi (Law Enforcement Officer Deaths e Sourcebook ofcriminal justice statistics Online) emerge come in 22 anni, dal
1976 al 1998, siano rimasti uccisi in servizio oltre 1.800 agenti: di questi 35
per armi da taglio (2%). Nel decennio 2000-2010 gli agenti deceduti per armi da
taglio sono stati solo 3, nel 2010 nessuno! Ben più preoccupante il dato che, dal 1998
e 2007, circa il 55% degli agenti è morto in servizio a causa di incidenti soprattutto stradali. Ma vediamo nel dettaglio le cause di morte nel 2010:
- Traffico 73
- Armi da fuoco 61
- Malattie 19
- Incidenti 7
- Percosse 2
- TOTALE 162
Come vanno le cose in Italia? L’Asaps attraverso
un’inchiesta pubblicata sulla rivista “Centauro” rileva che il 70% degli agenti
di Polizia morti in servizio sono stati vittime d’incidenti stradali. Dal 2000 ad
oggi, su 74 agenti deceduti mentre svolgevano il proprio servizio ben 51 sono
morti sulle strade. Dal 1981 a oggi si sono verificati 354 decessi: di questi
187 per incidenti (stradali, ferroviari e aerei) o per cause varie, 114 per
armi da fuoco (di cui 16 per incidenti) 14 per malattia. Dati su agenti morti a
causa da ferite da arma da taglio non sono riportati.
AMBITO CIVILE
Dati alla mano abbiamo visto come in ambito militare e della
sicurezza è raro cadere vittima di armi bianche. Ma in ambito civile?
Negli Stati Uniti in ambito civile nel 2010 si sono
registrati 12.996 omicidi (Sourcebook of criminal justice statistics Online)
- 68% Armi da fuoco
- 13% Armi da taglio
- 4% Oggetti contundenti
- 6% armi personali (mani, pugni, piedi etc)
- 10% altre armi (veleno, esplosivi, incendi, narcotici, asfissia, annegamenti)
Nel 2010, negli Stati Uniti, 1690 persone sono state uccise da
armi da taglio. Sembrano tante ma se
mettiamo questo dato in rapporto alla
popolazione adulta (230 milioni di abitanti), otteniamo una percentuale di 1 su 135.000
ovvero lo 0,0007%! E questo nonostante gli Stati Uniti d'America abbiano la più
numerosa popolazione carceraria del mondo, ben 2.3 milioni di persone (e se
si tiene conto solo della popolazione adulta, un americano su cento è in
carcere!)
E in Italia come siamo messi? In Italia negli ultimi anni il numero di omicidi è notevolmente diminuito. (RAPPORTO SULLA CRIMINALITA` E LA SICUREZZA IN ITALIA − 2010) Dal 1991, anno in cui si registra il picco più alto con 1.901 omicidi, la parabola discende fino a registrare nel 2005 il minimo storico di 601 unità .
L' Italia con un tasso di 1,03 su 100.000 giovani morti assassinati all'anno si pone in fondo alla classifica dei paesi più violenti. In Italia dal 1992 AL 2006 si sono commessi 12.720 omicidi. Vediamo in che modo e con quali armi si sono verificati:
Dalla Tab. IV.5 si evince che Negli omicidi scaturiti in ambiti
criminali, che comprendono gli omicidi per futili motivi, lite, rissa, per
rapina/furto, in famiglia e in altre forme di criminalità , l’utilizzo delle
armi da fuoco è sì rilevante, ma si registra un importante impiego anche delle
armi da taglio (Tab.IV.6). Rispetto al totale degli eventi avvenuti nel periodo
considerato in cui si è riusciti a determinare l’arma del delitto, la metà è
stata commessa con arma da fuoco, mentre un restante quarto con arma da taglio.
Le armi da taglio sono privilegiate essenzialmente
all’interno dei cosiddetti omicidi di tipo espressivo, atti violenti fini a se
stessi o commessi per futili motivi (37,9%). Con riguardo agli omicidi che avvengono
in famiglia o all’interno di “passioni amorose”, registriamo un’alta
percentuale di utilizzo di armi da fuoco (41,5%), sebbene non sia irrilevante
l’uso di armi da taglio, con cui viene commesso circa un terzo degli omicidi
che avvengono all’interno di contesti domestici o affettivi.
Considerando la popolazione dai 15 ai 64 abbiamo 40 milioni d’italiani.
Il tasso di mortalità annuo per ferite da arma da taglio è pari a 0,4 su
100.000 ovvero 0,0004%. Il dato sarebbe ben più irrisorio includendo anche la
popolazione adulta dai 65 anni in su.
Per fare capire a cosa corrispondano queste percentuali
prendiamo l'esempio delle malattie rare. Queste colpiscono 50 persona ogni
100.000 pari allo 0,05%. Se questa percentuale dalla scienza medica è
considerata STATISTICAMENTE IRRILEVANTE quanto può essere rilevante un tasso
dello 0,0004% (e abbiamo considerato solo la popolazione adulta)? Prendiamo un altro dato. Nel 2011 in Italia per incidenti
stradali sono morte circa 4.000 persone. Ovvero 10 persone ogni 100.000 l'anno
(considerando la popolazione adulta dai 15 ai 64) quindi è 25 volte più
rischioso morire sulle strade che accoltellato!
VIOLENZA TRA I GIOVANI
Da una statistica pubblicata dall'Organizzazione mondialedella sanità (OMS) a proposito degli omicidi tra i giovani e giovanissimi, in
Europa veniamo a sapere che al primo posto c'è la Russia con 15,85 giovani su
centomila ogni anno muoiono assassinati. L'Italia si colloca in fondo alla
graduatoria con un tasso a 1,03 mentre la Germania con 0,48 in Germania, ha il
dato migliore di tutti.
L'arma omicida in Russia è prevalentemente il coltello (40
per cento dei casi), seguito dai cosiddetti "oggetti contundenti"
(bastoni, mazze, sassi), dallo strangolamento e infine dalle armi da fuoco.
In Russia agiscono diversi fattori: in primo luogo
l'incidenza dell'alcolismo giovanile, una "cultura della violenza" e
uno scarso apprezzamento per il valore della vita che risale all'epoca della
guerra e delle repressioni staliniane (noto il detto di Stalin, "niente
uomo, niente problema"). Conta molto poi la povertà di ampi strati di
popolazione, insieme all'ineguaglianza sociale.
Uno studio Britannico "Knife crime statistics" diGavin Berman dice che in Inghilterra e Galles nell'anno 2011/12 ci sono stati
circa 30.000 incidenti che hanno coinvolto strumenti taglienti, che circa 5000
persone hanno dovuto ricorrere a cure mediche per ferite da tali strumenti, e
che 200 persone sono morte per tali ferite (39% di tutti gli omicidi di
quell'anno).
Questi dati dimostrano che portare un coltello non equivale
a trasformarsi in un esperto accoltellatore, per fortuna! 1 ferito ogni 6 liti
che hanno coinvolto oggetti taglienti e 1 morto ogni 150 incidenti violenti che
hanno coinvolto dei coltelli. Si ha come l'impressione che l'arma da taglio sia
usata con le cautele del caso e che accoltellatori o assassini non si nasce e
che infilzare qualcuno o affettarlo a dovere non sembra essere poi così facile.
Su una popolazione di 40 milioni adulta dai 14 i 65 ogni anno il rischio di
essere coinvolto in una lite con coltello è di 1 su 1000, di essere ferito 1 su
8000, di morire 1 su 200.000.
CONCLUSIONI
Spero di non avervi tediato con tutti questi numeri ma non c'è niente di meglio che dati oggettivi su cui poter
ragionare. Personalmente come leggo questi dati?
C'è chi non dorme la notte perché conosce solo 20 disarmi da
coltello ed è indeciso su quale sia il modo più efficace per disarmare un colpo con
l'impugnatura a rompi ghiaccio. Il bello è che una volta deciso quale sia il
miglior sistema per disarmare un accoltellatore i dubbi s’infittiscono e le
domande si moltiplica: "E se gli avversari sono 2? E se sono armati tutti
e due di coltello o di bastone? E se diventano 3?"
Prima di chiederci come uscire da situazioni del genere
ci si dovrebbe chiedere: come diavolo ci si è finiti? A meno di non aver deciso di
fare un viaggio in Russia e di infastidire un plotone di Spetznaz ubriachi in
libera uscita, le probabilità di trovarsi in una simile situazione sono pari a
sotto zero. Comunque nel caso menzionato si può sempre seguire un corso di
Scott Sonnon o Vladimir Vasiliev che sembrano ferrati su come uscire da un
attacco multiplo, incolumi e col sorriso sulle labbra.
Lo scenario di un'aggressione contro più di una persona è
ancora più raro, se consideriamo il fatto che rimane vittima di uno di questi
omicidi causati da futili motivi, e non all'interno della criminalitÃ
organizzata, in media una persona al mese. La percentuale è così irrisoria da
non meritare neanche di essere presa in considerazione.
Molti knife fighter “esperti” raccontano la favola che
l'attacco principale sia quello denominato Prison Style "Sewing
Maching" knife attack, ovvero afferrare la vittima con una mano e
pugnalarla ripetutamente. Questo metodo in voga nelle carceri, per finire
rapidamente un rivale, se fosse usato in tutte le liti che coinvolgono coltelli i
dati statistici ci direbbero tutt’altro. Infatti, come già detto, in Inghilterra il rischio
di essere coinvolti in una lite con coltello è di 1 su 1000, di essere ferito 1
su 8000, di morire 1 su 200.000.
TRE SCENARI
1) l'ultima cosa di cui oggi un moderno soldato ha bisogno è
come maneggiare una baionetta a meno che non sia un appartenente ad un'unità d'élite.
2) Tra le forse dell'ordine la priorità è seguire dei corsi
di guida sicura, di tiro dinamico e di grappling/jiu-Jitsu perché, come vedremo
in un prossimo studio, benché, essere coinvolti in colluttazioni non sia così
frequente, un agente deve essere in grado di controllare un sospetto e
ammanettarlo in tutta sicurezza evitando a se stesso e al sospetto inutili
lesioni.
3) Nel mondo civile, come abbiamo visto, le percentuali di
rischio di morte per armi da taglio sono maggiori ma in termini assoluti sulla
popolazione restano dati irrisori. Per
sentirsi sicuro ogni cittadino dovrebbe riconoscere le situazioni a rischio ed
evitare liti per futili motivi, liti in famiglia, liti per motivi passionali, risse,
stare alla larga da balordi e appartenenti al mondo criminale.
Praticare con una certa costanza un corso di BJJ non vi
fornirà 101 tecniche specifiche per disarmare ipotetici assalti all'arma bianca
anche perché, come visto nel video, le tecniche di disarmi da coltello d Jiu-Jitsu
risalgono agli anni 20 e sono simili a quelle usate nel judo e, sulla loro
efficacia, oggettivamente nutro seri dubbi.
I benefici di una sana pratica del Bjj si riassumono in
maggiore preparazione psico-fisica, perché si lotta con un compagno al 100% e
in tutta sicurezza, s’impara ad avere confidenza con diversi scenari: come il
contatto fisico, il contatto col suolo (nel 60% dei casi una rissa finisce a
terra), gestire la paura, la fatica, lo stress e saper agire e pensare sotto
pressione. Questi benefici non sono solo utilissimi anche in uno scenario reale
ma servono per tenerci lontano da molte situazioni a rischio.
Praticare con costanza e serietà il Bjj cambia in meglio le
abitudini di vita. Non è possibile abusare di alcolici, droghe, seguire una
dieta sregolata, frequentare brutte compagnie e allo stesso tempo praticare con
profitto il jiu jitsu.
Il jiu jitsu da questo punto di vita è uno stile di vita,
aumenta l'autostima e la sicurezza di se, fornisce gli strumenti reali per
saper gestire un avversario più forte e grosso. Chi pratica il jiu jitsu
brasiliano, a parte rare eccezioni, è una persona equilibrata, non sente la
necessità di difendere il proprio ego ad ogni presunta offesa, non vivrà nella
paura e nel terrore di essere aggredito e prenderà la vita con più
tranquillità .
Il BJJ si svolge in un ambiente rilassato dove ci si diverte
mentre s’impara molto di più di alcune tecniche. L'abitudine a lavorare sulle
prese, sia sui polsi sia sull'intero corpo, con e senza il kimono con un
avversario non cooperativo permette, in casi estremi, di saper controllare,
parare o deviare anche un braccio che impugna un’arma sia essa da fuoco sia da
taglio. Se non siete convinti perché vi hanno detto che il Bjj è solo uno sport,
provate una o due lezioni in una qualsiasi delle ormai innumerevoli accademie
di Bjj sparse sul territorio. Come per le altre arti marziali anche per il Bjj
vale il discorso che innanzi tutto vi deve piacere l'ambiente e l'istruttore.
Non in tutte le accademie l'ambiente è rilassato e tranquillo, ci sono quelle
dove gli istruttori e i loro allievi sono un po’ troppo esaltati o quelle rette
da maestri improvvisati anche se hanno cinture nere o marroni riconosciute: purtroppo
anche in Italia è iniziato, ahinoi, il mercato della faixa!
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