Nel sito Rioforparties sotto la voce Pitboy si può leggere:"Il Pitboy è il tipo che si vedrà Soprattutto intorno la Zona Sud. Questi tipi alla "Vin Diesel" si dedicano ai loro corpi, sono forti e abbronzati e di solito scelgono il Jiujitsu come loro sport preferito. Probabilmente si può indovinare che cosa viene dopo. Quando si mescolano un sacco di testosterone, l'alcol e la mancanza di donne con un maestro jiujitsu ...Sì, alcuni pitboys sono inarrestabili nei combattimenti. Attenzione!"
Lo stereotipo li dipinge così: Tatuaggi, teste rasate, orecchie deformi, grandi automobili potenti, bevande energetiche mescolate con l'alcool e pestaggi nelle discoteche. Anche Tiago Alves, noto campione di Jiu-Jitu, all'inizio non amava il grappling, odiava l'immagine distorta che i Pitboy davano allo sport.
Pochi anni fa i lottatori di jiu jitsu, sopratutto a Rio De Janeiro, erano visti come rissaioli e il jiu jitsu coperto dallo stigma di sport violento praticato da delinquenti. I Pitboy erano giovani della classe media alto che usavano qualsiasi scusa per iniziare delle risse nei club privati, bar, feste e discoteche. Spesso finivano nelle stazioni di polizia, ma poiché appartenevano a famiglie benestanti non succedeva nulla:i genitori se li venivano a riprendere dopo aver corrotto gli agenti che li avevano in custodia.
Sull'argomento mi sono imbattuto in un lungo studio di Antonio Claudio Engelke Menezes Teixeira dal titolo:"Esporte e violência no jiu-jitsu: o caso dos “pitboys”. Ma lasciamo la parola a Texeira:
"Per poter scoprirne qualcosa di più su questa storia, occorre partire dalla tradizione del Jiu-Jitsu. L'idea della superiorità dell'efficacia della tecnica di jiu-jitsu, e il potere di attrazione che essa esercita, è parte di questa tradizione tanto quanto la tecnica stessa.
Carlos aprì la suo accademia nel 1925, inaugurando la tradizione di lotta della famiglia Gracie. Il primo annuncio, sul giornale,accanto alla sua immagine diceva: "Se vuoi un braccio o una costola rotta, chiama Carlos Gracie al numero ....
Reyla nella biografia dedicata al padre scrive che Carlos è sempre stata totalmente contrario ad associare il jiu-jitsu alla violenza. Ovviamente, all'inizio, Carlos mise annunci sui giornali e sfidato i più muscolosi scaricatori di porto, perché, negli anni '30, c'era la necessità di stabilire la supremazia e formare un'identità.
Il jiujitsu in Brasile, sorge e si consolida come un arte marziale con uno scopo: dimostrare di essere il più efficace in combattimenti di strada. La dichiarazione della superiorità del jiu-jitsu in relazione a tutte le altre arti marziali, ha giocato un ruolo fondamentale nel plasmare l'identità non solo dei combattenti della famiglia Gracie, ma soprattutto l'atmosfera delle loro accademie. E' abbastanza evidente come il Brazilian Jiu-Jitsu sia nato con un'ossessione: provare come il jiu jitsu sia l'arte marziale che permette al debole di superare il forte. La necessità di farsi conoscere come depositari di una tecnica imbattibile nella difesa personale ha fornito il supporto necessario per la diffusione nell'accademia Gracie e anche nel loro ambiente familiare di un'atmosfera permeata di valori legati alla mascolinità e alla volontà di combattere.
Pochi anni fa i lottatori di jiu jitsu, sopratutto a Rio De Janeiro, erano visti come rissaioli e il jiu jitsu coperto dallo stigma di sport violento praticato da delinquenti. I Pitboy erano giovani della classe media alto che usavano qualsiasi scusa per iniziare delle risse nei club privati, bar, feste e discoteche. Spesso finivano nelle stazioni di polizia, ma poiché appartenevano a famiglie benestanti non succedeva nulla:i genitori se li venivano a riprendere dopo aver corrotto gli agenti che li avevano in custodia.
Sull'argomento mi sono imbattuto in un lungo studio di Antonio Claudio Engelke Menezes Teixeira dal titolo:"Esporte e violência no jiu-jitsu: o caso dos “pitboys”. Ma lasciamo la parola a Texeira:
"Per poter scoprirne qualcosa di più su questa storia, occorre partire dalla tradizione del Jiu-Jitsu. L'idea della superiorità dell'efficacia della tecnica di jiu-jitsu, e il potere di attrazione che essa esercita, è parte di questa tradizione tanto quanto la tecnica stessa.
Carlos aprì la suo accademia nel 1925, inaugurando la tradizione di lotta della famiglia Gracie. Il primo annuncio, sul giornale,accanto alla sua immagine diceva: "Se vuoi un braccio o una costola rotta, chiama Carlos Gracie al numero ....
Reyla nella biografia dedicata al padre scrive che Carlos è sempre stata totalmente contrario ad associare il jiu-jitsu alla violenza. Ovviamente, all'inizio, Carlos mise annunci sui giornali e sfidato i più muscolosi scaricatori di porto, perché, negli anni '30, c'era la necessità di stabilire la supremazia e formare un'identità.
Il jiujitsu in Brasile, sorge e si consolida come un arte marziale con uno scopo: dimostrare di essere il più efficace in combattimenti di strada. La dichiarazione della superiorità del jiu-jitsu in relazione a tutte le altre arti marziali, ha giocato un ruolo fondamentale nel plasmare l'identità non solo dei combattenti della famiglia Gracie, ma soprattutto l'atmosfera delle loro accademie. E' abbastanza evidente come il Brazilian Jiu-Jitsu sia nato con un'ossessione: provare come il jiu jitsu sia l'arte marziale che permette al debole di superare il forte. La necessità di farsi conoscere come depositari di una tecnica imbattibile nella difesa personale ha fornito il supporto necessario per la diffusione nell'accademia Gracie e anche nel loro ambiente familiare di un'atmosfera permeata di valori legati alla mascolinità e alla volontà di combattere.
L'ossessione di dimostrare di essere sempre i migliori ha favorito la creazione di un ethos guerriero, per poter essere pronti a combattere contro qualsiasi avversario in ogni situazione. L'intera idea di onore Gracie è attraversato da questa ossessione".
L'autore ammette che sarebbe un'ingiustizia e una scorrettezza generalizzare: non c'è modo di dire, sulla base di prove empiriche, che fosse la regola e non l'eccezione.
"Il jiu-jitsu in se stesso non può essere incolpato per l'emergere del fenomeno "pitboys", anche se è direttamente ed indissolubilmente legata a quel fatto. Il jiu-jitsu,come qualsiasi altra arte marziale, è un insieme di tecniche che danno ai suoi praticanti un tipo di potere il cui impiego dipende in ultima analisi dall'individuo. Il jiu jitsu può fare miracoli può trasformare un ragazzino paffuto, goffo, insicuro e timido in un ragazzo sicuro di sé e dal corpo forte e armonioso . La pratica del jiu jitsu è in grado di agire in maniera decisiva sull'autostima di un giovane. Il problema sorge con l'eccessiva autostima, che si tramuta in arroganza".
In conclusione il fenomeno Pit Boy sembra avere tutte le caratteristiche di un fenomeno sociale che ha trovato nel Brasile degli anni novanta terreno fertile. L'ethos guerriero che i Gracie hanno istillato nei loro allievi, il senso di onnipotenza che alcuni di essi avevano per il fatto di sentirsi intoccabili (perché appartenenti alle classi agiate protette dalle autorità corrotte), la crisi dell'educazione, aggravate da un'ideologia edonistica e individualistica, sono stati gli ingredienti di un cocktail esplosivo che ha trovato sfogo nelle notti brave carioca. Una cosa è certa: quello dei Pit Boys sembra essere un fenomeno peculiare Brasiliano, ma occorre restare vigili e non creare nelle accademie un clima in grado di alimentare un certo Ethos marziale distorto e malato.
L'autore ammette che sarebbe un'ingiustizia e una scorrettezza generalizzare: non c'è modo di dire, sulla base di prove empiriche, che fosse la regola e non l'eccezione.
"Il jiu-jitsu in se stesso non può essere incolpato per l'emergere del fenomeno "pitboys", anche se è direttamente ed indissolubilmente legata a quel fatto. Il jiu-jitsu,come qualsiasi altra arte marziale, è un insieme di tecniche che danno ai suoi praticanti un tipo di potere il cui impiego dipende in ultima analisi dall'individuo. Il jiu jitsu può fare miracoli può trasformare un ragazzino paffuto, goffo, insicuro e timido in un ragazzo sicuro di sé e dal corpo forte e armonioso . La pratica del jiu jitsu è in grado di agire in maniera decisiva sull'autostima di un giovane. Il problema sorge con l'eccessiva autostima, che si tramuta in arroganza".
In conclusione il fenomeno Pit Boy sembra avere tutte le caratteristiche di un fenomeno sociale che ha trovato nel Brasile degli anni novanta terreno fertile. L'ethos guerriero che i Gracie hanno istillato nei loro allievi, il senso di onnipotenza che alcuni di essi avevano per il fatto di sentirsi intoccabili (perché appartenenti alle classi agiate protette dalle autorità corrotte), la crisi dell'educazione, aggravate da un'ideologia edonistica e individualistica, sono stati gli ingredienti di un cocktail esplosivo che ha trovato sfogo nelle notti brave carioca. Una cosa è certa: quello dei Pit Boys sembra essere un fenomeno peculiare Brasiliano, ma occorre restare vigili e non creare nelle accademie un clima in grado di alimentare un certo Ethos marziale distorto e malato.
Nella lotta a terra il BJJ la fa da padrone. Ma, in piedi, la regina delle Arti Marziali è il Myanmar Lethwei, ovvero la Boxe Birmana. L'arte delle 9 armi. Testa, 2 tibie, 2 ginocchia, 2 gomiti e 2 pugni. Ecco, se finisci a terra è opportuno masticare anche BJJ. Ma statisticamente, anche nelle MMA, i KO li fai con lo striking, ossia i colpi dati mentre si lotta in piedi
RispondiEliminacosa c'entra la Boxe Birmana con i Pit Boys e con questo post?
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