martedì 21 febbraio 2017

Creonte o non Creonte? Questo è il problema.

















Rickson Gracie in un'intervista rilasciata più di due anni fa così rispondeva ad una domanda sul cross training nel Brazilian Jiu Jitsu:

"Se qualcuno viene nella vostra scuola e voi iniziate a prepararlo, gli date amore, gli date consigli, gli date  rispetto ...diventa parte della famiglia...compete sotto la vostra bandiera... diventa un rappresentante del vostro stile... se questo ragazzo cerca di condividere tutto questo con qualcun altro, con un altra scuola di jiu jitsu questo crea un problema perché... chi vuoi rappresentare quando competi, sotto quale bandiera? Questo ha a che fare con l'orgoglio di rappresentare qualcuno e questo vale anche per l'istruttore, se non decidi chi vuoi rappresentare perché mi dovrei prendere la briga di darti la mia anima. Mi sento come se non fosse mio figlio ma figlio d'altri che viene qui solo per cedere ad altri la mia conoscenza e, a volte, rappresenta qualcun altro. Quindi questo tipo crea un po' di polemiche... su questo ...e in Brasile li chiamiamo Creonte, che è l'allievo che tradisce l'insegnante e va da qualcun altro per ottenere una promozione più facile...

Per me si dovrebbe essere leali ad una scuola e avere questo tipo di lealtà... mi fa sentire meglio l'idea di insegnare a qualcuno questo senso della famiglia, ma in questi giorni un sacco di gente cerca di mantenere la mente aperta e di imparare un po' qui un po' la, imparare dai video con le private. Io devo accettare questo modo moderno di vedere l'allenamento".  ... se siete insoddisfatti con chi vi allenate dovreste cambiare completamente e andare da qualche altra parte."



Altri maestri hanno una visione del jiu jitsu più permissiva e tollerante come Mat Kirtley, aka Aesopian, che dice di non credere nella cultura del Creonte della vecchia scuola e non gestisce la sua scuola con una mentalità "noi contro gli altri". In un recente post ha scritto:

"Gli allievi sono liberi di allenarsi dove vogliono e con chi vogliono. Le accademie di BJJ non sono gang rivali o clan di ninja. I miei allievi non mi devono chiedere il permesso di fare cross-training o nascondere il fatto che frequentano altre accademie.

Sì, diventa complicato quando c'è da stabilire quale team rappresentare nelle competizioni, quali patch mettere sul GI, o se l'altra scuola sta attivamente cercando di portar via gli allievi. La soluzione a questi problemi non la si trova nel costringere gli allievi ad adorare voi come il loro padrone e ostracizzare gli studenti che osano tradirvi.

Quando uno studente se ne va per unirsi ad una scuola diversa, la cosa mi può dispiacere perché mi piace vedere i miei studenti, ma non mi sento possessivo nei loro confronti. Sono adulti che possono prendere le loro decisioni e andare dove vogliono. Invece devo chiedermi se è a causa di un problema nella mia scuola, o qualcosa di banale come la vicinanza dell'altra palestra alla loro casa,o se si tratta di un fattore economica, o se quella palestra offre un'atmosfera diversa, etc.

Solo perché qualcuno ha una cintura nera e ha un seguito di studenti ciò non lo rende moralmente superiore agli altri. Gli adulti devono essere liberi di associarsi con chi vogliono, purché non danneggino gli altri o la scuola."

Jason Scully, un altra giovane cintura nera statuinitense, scrive :"se l'allievo sa qual'è la sua accademia, allora questa sarà quella che rappresenterà a prescindere se visita o meno altre scuole. La squadra non deve essere un pretesto per raccontare ad adulti cresciuti quello che possono e non possono fare."

A proposito di fedeltà verso il maestro e l'accademia vista come una famiglia scrive: "A chi devi mostrare fedeltà? Conosci veramente il tuo istruttore? Ti dà lezioni gratuite, ti paga l'iscrizione ai tornei, ti dedica del tempo extra?  Per la maggior parte delle persone niente di tutto questo accade. La fedeltà non può essere richiesta solo perché ci si presenta in palestra e si paga il mensile, questa non è fedeltà. Cosa succede quando si perde il lavoro e non ci si può allenare? In questi, come in altri casi, i proprietari o gli istruttori  si comportano come se voi foste parte della loro famiglia?"



Samir Chantre si spinge oltre e in post su facebook scrive: "Tutti quelli che pagano la palestra sono clienti, se non si offre loro ciò che vogliono, essi vi lasceranno. Così, se un tuo allievo ti ha lasciato, dovresti guardare te stesso  e vedere quello che stai facendo di sbagliato!"




Di tutt'altro avviso è il maestro Fedrico Tisi che sulla sua pagina facebook ha scritto: "La gente dice che i tempi stanno cambiando, che alcuni modi di pensare non sono aggiornati. A mio parere se un'accademia è da considerarsi un supermercato, e un insegnante di Jiu Jitsu solo un ragazzo che si paga per imparare alcune mosse, i tempi stanno cambiando in peggio. Quindi, tenete presente che se volete avere a che fare con me, questa è la mentalità con la quale vi dovrete relazionare. Grazie maestro #ricksongracie




Questo è quello che pensano alcuni maestri, ma voi allievi in quale accademia preferite allenarvi? 

3 commenti:

  1. E' argomento di attualità e ne ho discusso ultimamente con alcuni amici e mia moglie.
    OVUNQUE io mi sia allenato ho sempre cercato di farlo con rispetto e attenzione all'istruttore ed ai compagni di allenamento. Rispetto significa arrivare in orario alle lezioni, chiedere il permesso di salire o scendere dal tatami, essere sempre in ordine, non stravaccarsi mentre l'insegnante sta spiegando e più in generale accettando il codice comportamentale (quando questo esiste) previsto in quel determinato luogo. Mi sono allenato insieme ad agonisti di vario livello e posso ben capire quel clima di amicizia e supporto reciproco che si instaura vivendo insieme l'esperienza sportiva. Questo aiuta a cementare i rapporti e a creare una mentalità da team, da squadra.
    Detto questo, personalmente sposo al 100% quanto asserito da Jason Scully perchè lo trovo completamente aderente al mio vissuto. Io non pago per sentirmi parte di un gruppo che ha determinati obbiettivi e/o vuole trasmettere una determinata visione della vita, bensì per imparare il jiu-jitsu. Ho quasi 34 anni e onestamente, nel caso volessi partecipare ad un open mat o ad un seminario di un qualsiasi lottatore, non mi sento in dovere di chiedere il permesso a nessuno, perché di fatto non faccio torto a nessuno. Viceversa non ho mai osato utilizzare il nome dell'Accademia o del Maestro per scopi più o meno personali. Oltre modo mi fa imbufalire il fatto che qualcuno possa (e mi riferisco al nostro Paese) vietarti la partecipazione a gare di una determinata federazione per questioni meramente politiche, soprattutto in virtù del fatto che poi magari le cosidette gare "ufficiali" sono meno abbordabili economicamente.

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  2. Direi che sono d'accordo con Jason Scully, mentre ritengo l'approccio di Samir Chantre troppo estremista. Bisogna però fare attenzione perché la visone strettamente marziale del BJJ può essere pericolosissima. Esistono infatti alcuni loschi personaggi che, con la scusa di essere il "maestro", si comportano come veri e propri tiranni nei confronti dei propri allievi (che spesso hanno una bassa autostima e sono facilmente plagiabili), creando una vera e propria setta. Si arriva al paradosso: mentre il "maestro" fa i propri comodi (magari al telefonino) alcune cinture colorate (magari prendendo ferie) insegnano al suo posto (pagando comunque la piena quota mensile, e mai un grazie); servigi extra-tatami resi gratuitamente (c mancherebbe) al "maestro" che approfitta delle competenze professionali dei propri allievi, ed altro ancora. Questo sfruttamento viene fatto passare per un onore, perché il grande "maestro" ti ha concesso la sua attenzione. Quindi una visione più da cliente e fornitore di servizi può aiutare ad evitare questi fenomeni da baraccone. Spesso si dice "lascia il tuo Ego fuori dal tatami". Io in alcune palestre completerai la frase con "perché qui è già tutto occupato dall'enorme Ego del "maestro". Oss a tutti!

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