mercoledì 14 novembre 2012

Partita a scacchi con la morte


Se il tempo agisce sulle nostre membra come la goccia che lentamente ma inesorabilmente corrode la dura pietra, e la morte ci attende al varco al termine della nostra vita perché darsi tanto da fare, perché ricercare nei gesti tecnici ripetuti giorno dopo giorno una parvenza di perfezione? Tali sforzi ricordano il mito di Sisifo il suo continuo salire in vetta e poi ricominciare di nuovo l'ascesa senza lamentarsi, senza scoraggiarsi e irridendo la maledizione degli dei che non gradiscono la scaltrezza umana e la voglia di conoscenza.

Il jiu-jitsu è un percorso senza fine, ma non inutile come può sembrare il semplice trasportare un masso in cima a una salita e vederlo rotolare giù senza poterlo fermare. Quella di Sisifo è una metafora che si presta a molte interpretazioni, quella che preferisco vede Sisifo mai stanco di portare il suo peso per non dare soddisfazione agli dei che l’hanno condannato all'eterno supplizio perché con la sua scaltrezza era riuscito a ingannarli.

Mi piace immaginarlo intento nel suo duro lavoro trovare ogni volta lo stimolo per portare il suo masso in cima usando la forza allenata dalla continua salita e l'ingegno usato per escogitare mezzi per trascinare il suo masso con meno fatica, così come di fronte a nuove sfide il jiujitsero, forte per il continuo allenamento, escogita nuove risposte per essere sempre un passo avanti il suo avversario, il suo se stesso.

Se anche tutti i nostri sforzi fossero mossi solo dal desiderio di distrarci dal pensiero dell'ineluttabile fine della nostra vita, sarebbero ben fatti, perché la morte non va temuta ne venerata ma distratta sino all'ultimo, in una partita a scacchi dall'esito certo ma che vale la pena giocare.

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