domenica 7 agosto 2016

Il samurai tra mito e realtà


Tra i praticanti delle arti marziali la figura del Samurai è spesso presa a modello. Del  samurai si magnifica la figura di abile guerriero, il suo stile di vita votato alla fedeltà al suo padrone e si prende a modello il suo codice il bushido.

Ma chi erano realmente i samurai al di la di miti e leggende? I samurai erano un corpo scelto di signori della guerra superaddestrati, una casta privilegiata temuta ed odiata da tutte le altre classi sociali giapponesi alle quali era proibito portare armi per difendersi.

Erano addestrati al dovere e alla fedeltà assoluta e il nome samurai deriva da Saburau che vuol dire "servire".  I samurai erano servi guerrieri spietati che, a partire dall'XI-XII secolo si distinsero per essere i fedeli servitori dei daimyō, i feudatari locali che rispondevano allo shogun,
dei signorotti della guerra locale che razziava i raccolti degli agricoltori locali in cambio della loro vita.

Il samurai seguiva un rigido codice di comportamento, il bushidō (la via del guerriero), che regolava il suo rapporto col suo daimyō.

L'addestramento iniziava a 3 anni e a 12 anni iniziavano a combattere. Secondo la tradizione dello shudo - da wakashudo (la "Via degli adolescenti") - i giovani trascorrevano diversi anni a contatto con uomini più grandi, che oltre ad iniziarli alle tecniche di combattimento li introducevano al mondo del sesso: gli apprendisti samurai ne divenivano allora gli amanti ufficiali, in un rapporto che era riconosciuto ed esigeva, naturalmente, fedeltà assoluta.

Il samurai poteva passare a fil di spada chiunque ritenesse gli avesse mancato di rispetto, se di rango inferiore. Questo privilegio, il kirisute gomen (autorizzazione a tagliare e abbandonare) era concesso solo ai Samurai.
I samurai potevano stuprare o decapitare qualsiasi agricoltore o commerciante non protetto da un altro samurai.

Quando un daimyō (il signore) cadeva in disgrazia, o la sua casata si estingueva, i samurai si trasformavano in ronin, "uomini-onda", guerrieri fuori controllo alla ricerca di un nuovo padrone ma più spesso finivano per girare per le campagne a taglieggiare i contadini. A volte venivano assoldati dai contadini per farsi difendere da alti ronin sbandati e briganti. Nasceva così la la yakuza, quella che è oggi la moderna mafia giapponese.

Con l'apertura del Giappone alla modernità nella seconda metà dell'Ottocento, la casta dei samurai si rivelò anacronistica. Due editti imperiali privarono i Samurai dei lori privilegi e gli impedirono di portare la Katana in pubblico. Si chiudeva un era e ai samurai non restò che una pensione statale e il rifugio nel folclore.


L' Occidente ha reso attraente la figura del samurai attraverso la letteratura e la cinematografia e il mondo marziale ha preso la figura del samurai a modello quando in realtà il vero samurai era tutto fuorché un modello da seguire.

Non siamo bambini, e anche se siamo adulti che ancora giocano in pigiama con le arti marziali dovremmo discutere di certi modelli storici con un occhio realistico e stare   attenti a mitizzare la figura del samurai. Il samurai della storia non necessariamente assomigliava al samurai del cinema.



1 commento:

  1. Non hai detto un bel nulla sui Samurai perchè non hai parlato di spiritualità. Anche se non l'hai detto direttamente il tuo articolo si fonda su quello che Massimo Fini chiama "il vizio oscuro dell'occidente" ossia il credere che la civiltà occidentale democratica sia la migliore e le altre siano da spazzare via, com'è avvenuto tral'altro. Non offenderti se ti do un consiglio... Scegli degli autori seri tipo Mishima e vai a studiarti il Giappone TRADIZIONALE. Buona fortuna :)

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