Nelle
arti marziali il rapporto tra il maestro e allievo è un rapporto
complesso nel quale a volte fa il suo ingresso l'ingratitudine e il rancore.
L'ingratitudine
può essere definita come una debolezza emotiva da parte di un allievo che invece di sentirsi semplicemente grato per quello che ha ricevuto dal maestro si sente in debito e non riesce a
gestire questa situazione.
Questi allievi che non riescono ad accettare di aver ricevuto dei benefici dal loro maestro e questa impossibilità li spinge, come scrive il Dr. Luigi Lucchetti: "sino al punto di farglieli negare (era solo un suo dovere!), sminuire (che avrà fatto mai!), dimenticare (ma quando? ti sbagli), o addirittura viverli come un peso dal quale affrancarsi il più rapidamente possibile trasformando il maestro in qualcuno da eludere, penalizzare o addirittura calunniare più o meno larvatamente, magari attribuendogli – con piena coscienza di falsità - l’infamia del do ut des."
L'allievo ingrato sente il peso del debito di riconoscenza nei confronti del maestro e questo risveglia in lui complessi di inferiorità latenti o mai veramente risolti ponendolo nei confronti del maestro in un rapporto asimmetrico di superiorità e inferiorità. In questo modo l’ammirazione per il maestro si trasforma in invidia.
Scrive la Dr. Montesi: "L’ingratitudine può derivare dall’invidia nei confronti di chi dà, che proprio in quanto nelle condizioni di poter dare, gode di una posizione di superiorità, o di maggiori risorse, o maggiori competenze. Il senso di inferiorità e di dipendenza di chi ottiene il beneficio viene pertanto ulteriormente rimarcato, scatenando una risposta di rivalsa: «Non ti devo niente!». Sono soprattutto le persone narcisiste quelle che fanno più fatica a dire “grazie”, perché lo vivono come un atto di sottomissione all’altro, non sentono il valore affettivo dell’aiuto ma lo interpretano come sconfitta in una competizione. Più una persona è insicura di sé stessa e ha una bassa autostima, più ha difficoltà a ringraziare e ricevere con serenità dall’altro."
L'ingratitudine nelle forme più estreme prende il nome di “sindrome rancorosa del beneficato” e può spingere l'allievo a nutrire sentimenti negativi nei confronti del maestro. Questo sentimento, tuttavia, non è quasi mai consapevole ma si cela nel profondo dell'animo dell'allievo che il più delle volte non ha la capacità, la forza, la decisionalità interiore, il coraggio e, perfino, l’onestà intellettuale ed etica di prenderne atto. In tal caso il beneficato come scrive la Dr. Maria Rita Parsi non è in grado di percepire di aver ricevuto un beneficio e questa sua incapacità può spingersi fino a rimuovere e dimenticare i benefici ricevuti dell'evento, o negarli, arrivando a provare nei confronti del maestro sentimenti di ostilità, rancore e risentimento, se non addirittura odio e a trasformare il maestro in una persona da dimenticare o, addirittura, da stigmatizzare, punire, screditare, calunniare. La Dr. Maria Rita Parsi individua quattro tipologie di ingrati:
➡️C'è quello vendicativo. Appena gli avrete elargito i vostri favori, si rivolterà a voi come se foste il suo peggior nemico, calunniandovi e dicendo ogni sorta di male nei vostri riguardi cercare alleanze per sminuire la vostra opera di bene nei suoi confronti. Frasi tipiche del vendicativo? “Mica gliel’ho chiesto io“, “Se doveva farmelo pesare era meglio non facesse niente“.
➡️ C'è quello opportunista. Vi starà addosso fino a quando non avrà ottenuto tutto quello che potete dargli. Normalmente nelle prime fasi vi mostrerà anche una certa gratitudine, andando via via a scemare fino a ribaltare la situazione.
➡️ C'è quello furbo. Il furbo normalmente è un gran manipolatore. La sua ingratitudine si esprimerà nello sminuirvi.
➡️ C'è quello innamorato. Ha bisogno della vostra approvazione e delle vostre continue attenzioni 24h su 24, senza sosta. Raramente saprà contraccambiare, ma non aspettatevi mai troppo: la sua ingratitudine si manifesta con la frustrazione che vi creerà non potendo mai colmare fino in fondo i suoi vuoti.
Al di là della sindrome rancorosa del beneficato, che può spiegare alcune reazioni di ingratitudine del tutto inaspettate, occorre però prendere atto che sul versante del maestro si deve però registrare che non sempre il suo donare è animato da spirito di generosità disinteressata. L’ingratitudine diventa più comprensibile se si considerano i rapporti di potere in gioco e i sentimenti complessi e ambivalenti chiamati in causa.
Quando un allievo riceve un aiuto o un dono non richiesto, d’altra parte, scatta facilmente il sospetto: «Cosa vuole da me? Che c’è dietro? Cosa vuole in cambio?». Scrive la Dr. Montesi: "è difficile immaginare che qualcuno possa aiutare in modo disinteressato, in una società in cui tendiamo a ragionare in termini di profitto, in cui purtroppo i raggiri sono tutt’altro che infrequenti, ed è pertanto legittimo dubitare, in quanto “nessuno ti dà niente per niente”.
Ed è vero anche che chi fa un favore o dà un aiuto non richiesto, o lo dà in modo eccessivo ed esagerato, può essere effettivamente mosso da motivazioni complesse e non solo altruistiche, come avere un potere sull’altro, o tenerlo legato, o riparare dei sensi di colpa, o sentirsi in questo modo “bravo” o “buono”, tutti bisogni che hanno a che fare con la propria vita emotiva e che riguardano ben poco il destinatario dell’aiuto. "Scrive il Dr. Luigi Lucchetti: "Escludendo la più bruta tipologia del dare per ricevere, magari con gli interessi, si possono incontrare varie figure di [maestri] benefattori “nevrotici”:
➡️Il compulsivo è quel maestro che non può fare a meno di dare, per sentirsi “buono”, “giusto”, è costretto a dispensare continuamente disponibilità per gli altri al fine di ricevere da loro conferma della propria adeguatezza.
➡️Il benefattore per espiazione è quel maestro che dona per riparare inconsciamente colpe di vario genere, quasi sempre irrealistiche.
➡️Il narcisista è quel maestro che non ha un autentico interesse per l'allievo di turno che viene ridotto a mero specchio chiamato a restituire la sua “magnifica” immagine.
➡️Il sadico è quel maestro che gode nel dimostrare all'allievo la sua potenza e a sbattergli in faccia la sua pochezza, in modo da annullarne qualunque barlume di autostima ed esercitare su di lui un potere assoluto.
Come visto alla base del sorgere dei sentimenti di ingratitudine da parte degli allievi ci sono vari fattori psicologici che a volte anche il maestro può innescare con i suoi comportamenti nevrotici. Piuttosto che accusare i singoli allievi irriconoscienti di ingratitudine occorre prendere coscienza di tutto questo e fare in modo di non cadere nei vari tranelli che l'essere maestro può creare e accettare il fatto che il destino di un maestro è quello di essere rinnegato da alcuni allievi.
Questi allievi che non riescono ad accettare di aver ricevuto dei benefici dal loro maestro e questa impossibilità li spinge, come scrive il Dr. Luigi Lucchetti: "sino al punto di farglieli negare (era solo un suo dovere!), sminuire (che avrà fatto mai!), dimenticare (ma quando? ti sbagli), o addirittura viverli come un peso dal quale affrancarsi il più rapidamente possibile trasformando il maestro in qualcuno da eludere, penalizzare o addirittura calunniare più o meno larvatamente, magari attribuendogli – con piena coscienza di falsità - l’infamia del do ut des."
L'allievo ingrato sente il peso del debito di riconoscenza nei confronti del maestro e questo risveglia in lui complessi di inferiorità latenti o mai veramente risolti ponendolo nei confronti del maestro in un rapporto asimmetrico di superiorità e inferiorità. In questo modo l’ammirazione per il maestro si trasforma in invidia.
Scrive la Dr. Montesi: "L’ingratitudine può derivare dall’invidia nei confronti di chi dà, che proprio in quanto nelle condizioni di poter dare, gode di una posizione di superiorità, o di maggiori risorse, o maggiori competenze. Il senso di inferiorità e di dipendenza di chi ottiene il beneficio viene pertanto ulteriormente rimarcato, scatenando una risposta di rivalsa: «Non ti devo niente!». Sono soprattutto le persone narcisiste quelle che fanno più fatica a dire “grazie”, perché lo vivono come un atto di sottomissione all’altro, non sentono il valore affettivo dell’aiuto ma lo interpretano come sconfitta in una competizione. Più una persona è insicura di sé stessa e ha una bassa autostima, più ha difficoltà a ringraziare e ricevere con serenità dall’altro."
L'ingratitudine nelle forme più estreme prende il nome di “sindrome rancorosa del beneficato” e può spingere l'allievo a nutrire sentimenti negativi nei confronti del maestro. Questo sentimento, tuttavia, non è quasi mai consapevole ma si cela nel profondo dell'animo dell'allievo che il più delle volte non ha la capacità, la forza, la decisionalità interiore, il coraggio e, perfino, l’onestà intellettuale ed etica di prenderne atto. In tal caso il beneficato come scrive la Dr. Maria Rita Parsi non è in grado di percepire di aver ricevuto un beneficio e questa sua incapacità può spingersi fino a rimuovere e dimenticare i benefici ricevuti dell'evento, o negarli, arrivando a provare nei confronti del maestro sentimenti di ostilità, rancore e risentimento, se non addirittura odio e a trasformare il maestro in una persona da dimenticare o, addirittura, da stigmatizzare, punire, screditare, calunniare. La Dr. Maria Rita Parsi individua quattro tipologie di ingrati:
➡️C'è quello vendicativo. Appena gli avrete elargito i vostri favori, si rivolterà a voi come se foste il suo peggior nemico, calunniandovi e dicendo ogni sorta di male nei vostri riguardi cercare alleanze per sminuire la vostra opera di bene nei suoi confronti. Frasi tipiche del vendicativo? “Mica gliel’ho chiesto io“, “Se doveva farmelo pesare era meglio non facesse niente“.
➡️ C'è quello opportunista. Vi starà addosso fino a quando non avrà ottenuto tutto quello che potete dargli. Normalmente nelle prime fasi vi mostrerà anche una certa gratitudine, andando via via a scemare fino a ribaltare la situazione.
➡️ C'è quello furbo. Il furbo normalmente è un gran manipolatore. La sua ingratitudine si esprimerà nello sminuirvi.
➡️ C'è quello innamorato. Ha bisogno della vostra approvazione e delle vostre continue attenzioni 24h su 24, senza sosta. Raramente saprà contraccambiare, ma non aspettatevi mai troppo: la sua ingratitudine si manifesta con la frustrazione che vi creerà non potendo mai colmare fino in fondo i suoi vuoti.
Al di là della sindrome rancorosa del beneficato, che può spiegare alcune reazioni di ingratitudine del tutto inaspettate, occorre però prendere atto che sul versante del maestro si deve però registrare che non sempre il suo donare è animato da spirito di generosità disinteressata. L’ingratitudine diventa più comprensibile se si considerano i rapporti di potere in gioco e i sentimenti complessi e ambivalenti chiamati in causa.
Quando un allievo riceve un aiuto o un dono non richiesto, d’altra parte, scatta facilmente il sospetto: «Cosa vuole da me? Che c’è dietro? Cosa vuole in cambio?». Scrive la Dr. Montesi: "è difficile immaginare che qualcuno possa aiutare in modo disinteressato, in una società in cui tendiamo a ragionare in termini di profitto, in cui purtroppo i raggiri sono tutt’altro che infrequenti, ed è pertanto legittimo dubitare, in quanto “nessuno ti dà niente per niente”.
Ed è vero anche che chi fa un favore o dà un aiuto non richiesto, o lo dà in modo eccessivo ed esagerato, può essere effettivamente mosso da motivazioni complesse e non solo altruistiche, come avere un potere sull’altro, o tenerlo legato, o riparare dei sensi di colpa, o sentirsi in questo modo “bravo” o “buono”, tutti bisogni che hanno a che fare con la propria vita emotiva e che riguardano ben poco il destinatario dell’aiuto. "Scrive il Dr. Luigi Lucchetti: "Escludendo la più bruta tipologia del dare per ricevere, magari con gli interessi, si possono incontrare varie figure di [maestri] benefattori “nevrotici”:
➡️Il compulsivo è quel maestro che non può fare a meno di dare, per sentirsi “buono”, “giusto”, è costretto a dispensare continuamente disponibilità per gli altri al fine di ricevere da loro conferma della propria adeguatezza.
➡️Il benefattore per espiazione è quel maestro che dona per riparare inconsciamente colpe di vario genere, quasi sempre irrealistiche.
➡️Il narcisista è quel maestro che non ha un autentico interesse per l'allievo di turno che viene ridotto a mero specchio chiamato a restituire la sua “magnifica” immagine.
➡️Il sadico è quel maestro che gode nel dimostrare all'allievo la sua potenza e a sbattergli in faccia la sua pochezza, in modo da annullarne qualunque barlume di autostima ed esercitare su di lui un potere assoluto.
Come visto alla base del sorgere dei sentimenti di ingratitudine da parte degli allievi ci sono vari fattori psicologici che a volte anche il maestro può innescare con i suoi comportamenti nevrotici. Piuttosto che accusare i singoli allievi irriconoscienti di ingratitudine occorre prendere coscienza di tutto questo e fare in modo di non cadere nei vari tranelli che l'essere maestro può creare e accettare il fatto che il destino di un maestro è quello di essere rinnegato da alcuni allievi.
Il maestro sinceramente altruista non dovrà né lamentarsi né smettere di essere leale o generoso con i suoi allievi, dovrà invece non aspettarsi niente in cambio e trovare dentro di sé motivazioni più profonde che vadano oltre la riconoscenza personale. Confucio diceva: “Non fare del bene se non hai la forza di sopportare l’ingratitudine.”
Cocludo con una storiella Zen: "Un maestro zen vide uno scorpione annegare e decise di tirarlo fuori dall'acqua. Quando lo fece, lo scorpione lo punse. Per l'effetto del dolore, il padrone lasciò l'animale che di nuovo cadde nell'acqua in procinto di annegare. Il maestro tentò di tirarlo fuori nuovamente e l'animale lo punse ancora.
Un giovane discepolo che era lì gli si avvicina e gli disse:"mi scusi maestro, ma perché continuate? Non capite che ogni volta che provate a tirarlo fuori dall'acqua vi punge? "Il maestro rispose:"la natura dello scorpione è di pungere e questo non cambierà la mia che è di aiutare."
Allora, il maestro riflette e con l'aiuto di una foglia, tirò fuori lo scorpione dell'acqua e gli salvò la vita, poi rivolgendosi al suo giovane discepolo, continuò: "non cambiare la tua natura se qualcuno ti fa male, prendi solo delle precauzioni."
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