Yamabushi |
Quando si entra in accademia, si libera la mente di tutti i problemi quotidiani e ci si mette alla prova, ci si testa sia fisicamente che mentalmente con un altro essere umano in un incontro scontro di volontà e forza, agilità e furbizia. Non interessa il colore della pelle, il ceto sociale, le convinzioni politiche o religiose del nostro partner di lotta. Il Bjj è di tutti quelli che lo vogliono praticare, include e non esclude e non ha bisogno di rivestimenti ideali che non gli appartengono.
Scrive Saulo Ribeiro, nel suo libro Jiu-jitsu University, ricordando un suo incontro con Helio Gracie:"Mi disse:' Figliolo, tu sei forte, tu sei duro, sei un campione del mondo ma non penso che tu possa battermi'". L'aspetto che Helio, con quella frase, voleva sottolineare del jiu-jitsu, è quello difensivo, la capacità di sopravvivere, quella qualità che ti permette di venir fuori da una situazione di pericolo.
Un incontro sportivo regolato, prevede il confronto con un avversario e non un nemico, da battere non da sopprimere. Parlare di arti marziali ha un senso solo perchè il termine è entrato nell'uso comune, ma realmente quello che si pratica nelle palestre è tutto fuorché "marziale". Questo non toglie nulla alla pratica, seria e realistica, del bjj.
"Arte marziale" significa letteralmente "arte di Marte", il dio romano della guerra, cantato nei peana dei guerrieri ricoperti dalle loro pesanti panoplie. Non vi è eroismo nelle gesta guerriere. La guerra è sopraffazione, violenza, distruzione e morte. Quando pratico il jiu-jitsu mi sento più vicino alla figura del Yamabushi, che studiava le arti marziali come mezzo per migliorarsi fisicamente, mentalmente e spiritualmente, che al Samurai, addestrato a non pensare, che lo faceva per il suo padrone per il quale uccideva e si faceva uccidere in battaglia.
"Arte marziale" è solo un nome, da non prendere troppo alla lettera, e i veri marzialisti non sono "eroi", solo uomini che, come Sisifo, ogni giorno faticano per portarsi in vetta nonostante il fardello di problemi, e il giorno dopo ricominciano da capo.
"Arte marziale" significa letteralmente "arte di Marte", il dio romano della guerra, cantato nei peana dei guerrieri ricoperti dalle loro pesanti panoplie. Non vi è eroismo nelle gesta guerriere. La guerra è sopraffazione, violenza, distruzione e morte. Quando pratico il jiu-jitsu mi sento più vicino alla figura del Yamabushi, che studiava le arti marziali come mezzo per migliorarsi fisicamente, mentalmente e spiritualmente, che al Samurai, addestrato a non pensare, che lo faceva per il suo padrone per il quale uccideva e si faceva uccidere in battaglia.
"Arte marziale" è solo un nome, da non prendere troppo alla lettera, e i veri marzialisti non sono "eroi", solo uomini che, come Sisifo, ogni giorno faticano per portarsi in vetta nonostante il fardello di problemi, e il giorno dopo ricominciano da capo.
0 comments:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.