lunedì 3 agosto 2020

Cadi sette volte, rialzati otto



"Cadi sette volte, rialzati otto», questa è la lezione di Jōchō Yamamoto. Prima di ogni cosa c’è la nostra fragilità. Siamo fragili e lo sono soprattutto coloro che hanno reagito alla fragilità e all’insicurezza di stare al mondo seguendo i canoni imposti da altri.

«L’uomo che non deve chiedere mai.» Ricordate la pubblicità? Oppure la forza dell’uomo che sa «di tabacco e cuoio». Il macho. Questi pensieri fuorvianti e sbagliati sono luoghi comuni, inducono un ragazzo a crescere credendo che l’uomo vincente sia fatto così. Come il mio omonimo Fabrizio. Chi non si trova in questi canoni si dispera e soffre. Bisogna estirparle queste credenze, ci sono delle fragilità che dovrebbero essere protette come un tesoro.

La timidezza che è segnata con il dito indice, che se un ragazzino diventa rosso gliela fanno pagare. Lo pigliano in giro. Invece chi ha la timidezza – e ce l’abbiamo tutti – dovrebbe sentirsi padrone di una fortuna. La timidezza non è altro che sensibilità portata al suo limite estremo, sensibilità che fa provare mille volte più forti le emozioni, si arriva perfino a cambiare colore in volto. La timidezza è un dono, invece la condannano: «Ah ah ah, sei timido! Sei diventato rosso!». E ridono, ’sti coglioni.

La fragilità è un bene assoluto, vuol dire che c’è una ricettività maggiore, e questa ricettività dobbiamo assecondarla e farla maturare, farcela amica senza opporre resistenza, senza reagire con armi affilate. La fragilità è un dono dolcissimo, che rende umano l’uomo. Impariamo a dire «proviamo», invece che dire «io vinco».

Perché la vita mi ha insegnato a perdere, a non essere vincitore, e ad apprezzare quello che capita. La fragilità è svegliarsi con la paura della giornata, e affrontarla con gioia. La fragilità è anche in tutti quelli che recitano la parte del più forte. Lo spaccone è un uomo fragile. Guardalo negli occhi quest’uomo che si atteggia a spavaldo, arrogante, maleducato, insopportabile.

La fragilità è un dono da coltivare. La radice di tutti i mali è che l’uomo non accetta la sua fragilità. Ci hanno insegnato a vivere la fragilità come un difetto, per questo la nascondiamo, reagiamo, diventiamo violenti. L’avidità, l’orgoglio, l’invidia, l’odio, la competizione nascono da qui. Sono la reazione alla nostra fragilità. L’uomo è un essere incompleto, ma il fatto di essere fragili non dobbiamo rifuggirlo come un difetto. La fragilità è tenerezza, sensibilità. Un uomo dovrebbe vantarsi di essere timido, invece gli altri te la fanno pagare. La gente ha messo una luce negativa intorno alla timidezza. Cominciamo a farne un valore, ecco perché dicevo prima che l’uomo deve imparare a raccontarsi, perché la fragilità te la devo confessare.

Non ti dico: «Io ho coraggio a scalare una cima», ti dico: «Io me la faccio sotto», ed ecco un buon motivo per scalare la cima, per cercare il coraggio, per trovare la determinazione, per aver fiducia in me stesso. Non ho mai scalato senza il terrore. Io ho paura anche a svegliarmi. Il coraggio non è altro che paura. La paura, il terrore originano il coraggio. Alla fine ogni buon coraggioso, se non è un idiota o un folle, è un uomo che ha paura. La mancanza di paura è temerarietà, stupidità, follia".

Tratto da Confessioni ultime di Mauro Corona

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