giovedì 30 agosto 2018

We are all Jiu-Jitsu

Fine anni novanta in Italia alcuni pionieri del BJJ danno vita ai primi gruppi, la tendenza iniziale fu quella aggregativa. Il progetto Italian Connection, ad esempio, univa le realtà più grandi del centro nord passando per Roma (Tisi) Milano (Baggio) e Torino (Linhares).

Poi si è assitito ad una fase disgregativa. Ognuna di queste realtà, così come altre, ha intrapreso una strada indipendente. Mentre ognuna di esse si espandeva in estensione e/o in profondità si assisteva ad ulteriori defezioni che davano vita ad altre realtà. Il fenomeno dopo 20 anni ha determianto la comparsa sul suolo Italiano di centinaia di team di BJJ. Oggi, a fianco di network con decine di succursali sparse per l'italia,  vediamo il proliferare di team medio piccoli costituiti da istruttori che hanno deciso di intraprendere un percorso indipendente.

Spesso tutte queste separazioni sono state tutt'altro che indolori. Oggi l'ambiente del BJJ vede la presenza di tante controversie, rancori, liti e Facebook è lo strumento più utilizzato per dare sfogo a questi malumori.

Ecco alcuni esempi:

"Buon allenamento a tutti gli sportivi, che invece di scrivere cazzate e soprattutto sparlare degli altri, lavorano a testa bassa, facendo sacrifici fisici, economici e mentali, inseguendo i propri obiettivi senza rompere i coglioni al prossimo."

"Grazie all'aiuto di chi si è sempre opposto, nell'ombra o meno, poco importa. Piccoli, poveri e meschini che invidiano, cospirano e minacciano senza successo. È a loro soprattutto che va il mio ringraziamento più sentito, a questi ultimi, che spesso lo sono anche di fatto. Grazie, grazie e, ancora una volta, grazie perché pur essendo lontani e insignificanti riuscite sempre a farvi sentire e ad essere uno stimolo costante a fare meglio per tutti."

"Tristemente ho realizzato una cosa: nel mondo del jiu jitsu di oggi non conta chi tu sia realmente, quanto duro tu ti alleni, cosa tu faccia realmente per lo sport e per quelli che lo praticano...è più importante come appariamo nei social, la marca di kimono che indossiamo, il numero di "mi piace" che abbiamo sui nostri post, creare faziosismi per difendere il proprio "piccolo orto" nella paura che qualcuno ci tolga la scena.  Lasciati dire amico mio che queste "alleanze", i "mi piace", il bel kimono, le toppe, nulla di tutto questo ti renderà migliore, non ti aiuterà a vincere le prossime lotte, siano esse sul tatami o nella vita. Prenditi cura di te stesso, di chi sei realmente. Lasciare il proprio segno come atleta e come professore è molto importante, ma preparare la strada per le prossime generazioni è qualcosa di più grande e per farlo non c'è altra strada che uccidere il proprio Ego."

"Ringraziare chi ha creduto in noi è semplice e scontato. Perciò il mio più sentito ringraziamento va alle persone che non lo hanno fatto, cioè a tutte quelle che hanno calpestato i valori umani ancor prima di quelli marziali. Grazie veramente di cuore perché il vostro comportamento è stato più utile e costruttivo di tante parole e gesti. Estirpato il cancro il corpo guarisce e diventa forte. Nessun ripensamento, nessun dubbio."


"Non avete mai concluso niente. Nelle 2 gare che avete fatto nella vostra vita avete fatto schifo. In palestra le prendete dalle blu, e non visitate altre palestre per evitare le giuste figure di merda che fareste, ma nel frattempo vi fate le foto con il solito maestro di turno che vi ha regalato una cintura all'anno (a volte meno) in cambio di qualche stage organizzato ogni tanto, e che magari vi ha pure raccontato qualche stupidaggine per convincervi che potete indossare una nera pur essendo stati sempre degli incompetenti saccenti. In compenso però insegnate ciò che in realtà conoscete poco, addestrate gli altri a superare gli ostacoli che vigliaccamente avete deciso di non affrontare o che non siete riusciti a superare, scrivete, scrivete, giudicate e pontificate con fare sempre saccente su tutto e tutti. Solo in Italia si riesce a far piombare tutto in un baratro di mediocrità così profondo. Che vergogna." 

"Il Mondo del jiu jitsu si divide sempre più in uomini e marchettari e non si sa come, nei secondi il valore si vede anche a livello tecnico."

Leggere questi sfoghi non fa piacere  e non aiuta certo a creare le condizioni affinche si possano costruire buoni rapporti tra le accademie e tra i vari professori.

I team si separano, le amicizie si rompono, gli allievi lasciano i maestri, tutto questo è fisiologico non ci si può fare nulla, quello che si può fare è decidere come comportarsi in questi casi. Se si prende coscienza che le persone cambiano, che gli interessi divergono, si può cercare, per quanto possibile, di non lasciarsi travolgere dall'emotività e non usare i social per sfogare il proprio malumore anche quando si ritiene di avere subito un torto.

"Ci sono molte più somiglianze tra atleti, stili e scuole di quante siano le differenze, quindi è naturale che l'amicizia e il rispetto crescano facilmente anche tra i rivali." questo lo scrive John Danaher ma nella realtà questo rispetto reciproco non sempre c'è e questo spesso è dovuto al fatto che molti team in Italia sono nati da scissioni interne.

A tal proposito diceva un po' di tempo fa Dario Bacci: "Purtroppo in alcune zone, e questo lo dico come opinione personale, poi magari sarà sbagliato, si creano molte rivalità di carattere personale che non fanno altro che rallentare i percorsi di apprendimento e rallentare la crescita di diversi movimenti che invece potrebbero essere molto più sviluppati più forti, più numerosi. E questo non so' perché... forse probabilmente l'ego e la personalità primeggia quando invece, secondo  me, bisognerebbe fare sempre un passo indietro, un minuto in più di riflessione prima di parlare, un istante in più di tolleranza e pensare che in fondo si sta praticando una disciplina marziale e l'obbiettivo ultimo è imparare e migliorarsi, e migliorarsi implica mettersi in discussione, quindi non essere sempre certi di avere ragione, di primeggiare sull'altro". 

Tutti meritiamo rispetto come persone. Le idee e le azioni possono essere criticate apertamente senza scadere nell'insulto, nell'allusione alla vita privata, nel dileggio nella diffamazione. Se tutti pensassero solo a fare bene mettendo da parte l'ego ne gioverebbe tutta la comunità del BJJ in Italia.

Ognuno di noi, indipendentemente che stringa in vita una cintura bianca o una nera, che sia un amatore o un agonista ogni giorno deve superare mille difficoltà nel suo cammino nel jiu-jitsu. Il mio augurio è che sia una stagione di successi e crescita per tutti. Mi piacerebbe vedere scambi e gemellaggi tra vari team e maestri che la rivalità sia solo sportiva che le cinture nere sui social si scambiassero attestati di stima e non attacchi personali.

We are all jiu-jitsu... e buona stagione 2018-19 a tutti!

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