Nell’ultima puntata di Che tempo che fa il professor Alberto Zangrillo, Direttore dell’unità di anestesia e rianimazione dell’ospedale San Raffaele di Milano ha detto:
«La prima cosa che devo dirvi è che negli ultimi 21 giorni non è morto, fortunatamente, alcun paziente proveniente dall’esterno. La seconda cosa è che quelli che stiamo osservando sono dei quadri clinici assolutamente definiti lievi».
«In questa narrazione del Covid-19, che ci appassiona o ci terrorizza da ormai quasi tre mesi, dobbiamo metterci d’accordo se dobbiamo continuare a trattare gli italiani come dei beoti da chiudere in casa, perché li consideriamo dei bambini che non sono in grado di proteggersi e di tutelare il prossimo, oppure dobbiamo dare retta a quello che leggiamo tutti i giorni dalla clinica?
«In questa narrazione del Covid-19, che ci appassiona o ci terrorizza da ormai quasi tre mesi, dobbiamo metterci d’accordo se dobbiamo continuare a trattare gli italiani come dei beoti da chiudere in casa, perché li consideriamo dei bambini che non sono in grado di proteggersi e di tutelare il prossimo, oppure dobbiamo dare retta a quello che leggiamo tutti i giorni dalla clinica?
Il professor Clementi, maestro del professor Burioni, con cui oggi sono stato al telefono almeno un’ora. Mi ha detto: “Io non ti posso dire che il virus si è modificato però io credo che quello che tu mi stai dicendo abbia un significato anche dal punto di vista virologico. Ci vorrà del tempo, però dobbiamo anche cercare di dare un’apertura perché altrimenti veramente è la morte della società. Io sono assolutamente convinto di quello che osservo. Il problema è distinguere tra chi parla per sentito dire, chi è dietro un computer a casa e chi vede i malati. Ci dobbiamo mettere d’accordo su questo».
Nell'intervista a Libero Zangrillo dice: «Finora abbiamo vissuto di proiezioni statistiche, epidemiologiche, matematiche, ma non di dati clinici. Chi ha conosciuto il virus sul territorio soprattutto in ospedale non ha avuto la possibilità di essere ascoltato dal Comitato tecnico-scientifico.
Sulla base di un lavoro svolto su più di 4500 pazienti, siamo giunti alla conclusione che esiste una categoria ben precisa di cittadini che possono sviluppare la forma più grave dell'infezione virale. È nei loro confronti che dobbiamo esercitare PRUDENZA.
A proposito dei pazienti contagiati in forma grave ricoverati in terapia intensiva Zangrillo ribadsce quello che ha detto da Fazio ovvero che non ne hanno più da un mese al San Raffaele. Questo non vuol dire necessariamente che il virus sia mutato, ma potrebbe essere mutata l'interazione tra il virus e l'uomo. Se prima il virus dava un certo impatto sui recettori dell'albero respiratorio, scatenando una forte reazione infiammatoria, ora questo non lo osserviamo più. Insomma, ci stiamo abituando a convivere con il virus. Ed è tutto da dimostrare che in autunno il virus tornerà minaccioso. Anche se fosse, non ci troveremmo impreparati, perché ora conosciamo molto più del virus e molto di più delle cure e siamo molto più attrezzati a livello territoriale e ospedaliero».
Quello che serve è un ritorno alla normalità e fortificare la medicina del territorio e la collaborazione tra medico di base e ospedale come suggerisce Zangrillo.
Mi aguro che chi ci governa presti ascolto a chi lavora sul campo come Zangrillo per un ritorno rapido alla normalità perché con le restrizioni di questa fase 2 bis l'economia non decolla, e fare sport su prenotazione con mascherine e distanziamento è impossibile.
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