Maxbjj è di nuovo “On the road”
questa volta la strada mi porta a Milano, destinazione Palestra La Comune sede dell'accademia del professor Ivan Rocha Cabecinha e dei suoi
collaboratori Ariel Colombo e Romano Mainardi.
Mentre in Italia André Galvão chiamava a raccolta 60 lottatori e lottatrici a sudare sullo storico tatami della capitale meneghina, milioni di italiani seguivano le
vicende calcistiche della nazionale azzurra in terra Brasiliana. Ad
ognuno il suo Brasile! Anche l'orario inconsueto per un seminario,
che terminava verso mezzanotte, non è bastato a dissuaderci dal
piacere di essere presenti alla prima volta milanese del coach
dell'Atos team.
André Galvão è stato molto disponibile e,
oltre a mostrarci tecniche mai viste prima, (frutto delle sue
escolinha con i suoi migliori atleti a San Diego, vero laboratorio di
nuove tecniche) ha condiviso con tutti la sua filosofia e tanti
consigli su come approcciarsi nel modo migliore all'arte suave.
Galvão ha sottolineato l'importanza
della flessibilità-fluidità come uno degli attributi principali per
apprendere e dispiegare nel modo migliore le tecniche del jiu-jitsu.
Ha ammesso che gli avversari che teme di più sono quelli un po' nerd
privi di grosse masse muscolari, dinoccolati e flessibili che sono
difficili da controllare perché non si irrigidiscono mai e seguono
il flusso del combattimento. Evidentemente chiara l'allusione a
lottatori come il suo allievo Keenan Cornelius che pur essendo scarsi
in sala pesi sul tatami sono dei mostri. La forza serve - Galvao ha
aggiunto - sopratutto se si tratta di un incontro a tempo ma in un
incontro senza limiti la flessibilità vince sempre la forza non a caso il campione del mondo open è Bucheca e non Rafael Mendes pur essendo, dei due, il secondo il più tecnico. Chi
legge le mie pagine sa cosa ne penso a riguardo e sentire queste
parole e stato dissetarmi da una fresca fonte. Per acquisire fluidità
ha suggerito di lottare ad occhi chiusi perché il jiu-jitsu è
un'arte marziale di contatto e senza vista la capacità di sentire
l'avversario si acuisce.
A tutti quelli che si fanno chiamare
maestro le parole di Galvão dovrebbero servire per fare un bel bagno
di umiltà. Dice che non ama essere chiamato maestro e non ci si
sente. Lui si considera un professore, per essere maestro occorre
saper trasmettere anche insegnamenti che trascendono la pratica,
insegnamenti di ordine superiori, quegli insegnamenti in grado di far
germogliare un seme e permettergli di diventare una pianta forte e
dalle radici ben radicate.
Si è soffermato anche sull'aspetto
psicologico di un atleta e di un campione, della pressione che uno
come lui sente quando sale sul tatami di un grande campionato le
aspettative di tutti nei suoi confronti e come affronta questi "avversari". Per fronteggiare queste pressioni suggerisce di
essere sempre positivi mai far precedere ogni pensiero dall'avverbio
NON: NON devo perdere, NON mi deve passare la guardia, NON mi deve
ribaltare.
Anche sulla strategia di combattimento
ci ha lasciato alcuni spunti di riflessioni. Personalmente -ci ha
detto- non salgo sul tatami con una strategia. La lotta è un
continuo divenire e lui è pronto ad affrontare le diverse situazioni
nel momento in cui si presentano. Poiché sa proiettare, sa lavorare
da sopra e da sotto, non ha bisogno di forzare la lotta per andare
dove sa lavorare e per evitare quelle situazioni in cui non è
ferrato. In questo segue lo stile del suo maestro Tereré. Una delle
poche volte in cui ha seguito una strategia - ci ha detto - è stata
nella finale degli ultimi mondiale in cui si era intestardito a voler
passare mettendo pressione con il double under invece di sfruttare il
suo gioco che prevede finte e cambi di ritmo e di fronte.
Galvão con Maxbjj |
Ma veniamo alla parte tecnica. Come prima cosa ci ha spiegato, con una mole esagerata di dettagli, il knee slide
pass, poi una variazione di toreando pass e infine il long step pass. Ogni
dettaglio ha un suo perché - ha sottolineato - nulla e lasciato al caso. Tutte le
tecniche che ci ha spiegato partivano dalla DLR, oggi la posizione più usata da chi fa guardia. Ci ha
mostrato come rompere la presa al pantalone, quella di cui Leandro Lo
è esperto, e come terminare ogni passaggio con una sottomissione,
perché questa è il fine ultimo che ogni lottatore deve ricercare in
ogni lotta. La finalizzazione è quello che distingue il Jiu-Jitsu, ad esempio,
dalla lotta olimpica e dal Judo dove quando ci si sente in difficoltà
ci si mette pancia a terra o in tartaruga. Nel Jiu-Jitsu, come nella
vita – aggiunge Galvão - occorre fronteggiare il proprio avversario
non voltargli la schiena e poi cercare di finalizzarlo così come
nella vita bisogna “finalizzare” i problemi, non fuggirli.
Poi ci ha mostrato diverse varianti
della Worm Guard, posizione che chi segue il blog ha avuto modo di
conoscere. Dettagli interessantissimi che dimostrano quanto il
jiu-jitsu d'elité sia in continuo divenire. Chi crede che la
posizione sia statica si sbaglia di grosso (uno di questi ero anch'io). Vederlo lavorare con i baveri e con tutti quegli intrecci è
stato uno spettacolo. Diciamo che la sua didattica precisa ed
essenziale ha permesso anche alle cinture bianche di provare una
delle guardie più innovative presenti oggi sul "mercato".
Per chi si chiedesse chi è che da
questi nomi strani alle tecniche quali berimbolo, worm guard, sappia
che André Galvão è ufficialmente colui il quale trova soprannomi e nomi
per ogni cosa quindi se non vi piace qualche nome ora sapete con chi
prendervela.
Il seminario si è concluso ben oltre
l'orario previsto con diverse lotte che Galvão a voluto fare con
alcuni dei presenti. Ho avuto l'onore di essere stato scelto da André
per uno di questi sparring. Prima di tutto ci tengo a dire che gli ho
fatto 2 punti e poi per non farlo sfigurare gli ho permesso di
finalizzarmi con una mano di vacca. Va bene diciamo che il raspado me
lo ha permesso e che poi non ho avuto modo di evitare che mi finalizzasse dalla monta con una mano di vacca. Esperienza unica e
molto divertente.
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